Terreno in "garanzia" ceduto a terzi: Nicolini a processo

Rimini

Sarà processato per bancarotta preferenziale, ma è stato invece prosciolto dall’accusa di insolvenza fraudolenta Sauro Nicolini, l’ex presidente della Cmv, difeso dall’avvocato Carlo Alberto Zaina. L’uomo è coinvolto in una doppia questione che non è direttamente legata al fallimento del gruppo (l’esame dello stato passivo è in corso), ma inerente ai rapporti con una banca e con un ex fornitore nel periodo nel quale la cooperativa era ancora attiva, sebbene già in cattive acque. Nicolini, che è tra l’altro già alla sbarra per un’evasione fiscale da tre milioni di euro (la prossima udienza è fissata a maggio), comparirà davanti al Tribunale di Rimini a partire dal 15 novembre 2018.

I fatti, stando al capo d’imputazione, sono antecedenti al 28 gennaio 2013, data della temporanea ammissione al concordato preventivo. Secondo l’accusa Nicolini avrebbe sollecitato e concluso una transazione con il Comune di Rimini avendo per oggetto un terreno che in realtà era già in mano a una banca come garanzia di un mutuo del valore di 10 milioni di euro. Una mossa che di fatto, “spostando” la garanzia su un altro istituto, avrebbe impedito alla banca di far valere il privilegio sul proprio credito, per un danno stimato in più di quattro milioni e mezzo di euro. L’altra questione vedeva come co-imputato per la presunta insolvenza fraudolenta anche un geometra che all’epoca lavorava alle dipendenze di Nicolini: parte offesa era il titolare di una ditta che si occupa di impianti elettrici, assistito dall’avvocato Marco Angelini.

Le rassicurazioni

Stando all’iniziale denuncia il presidente della Cmv, assieme al tecnico (difeso dall’avvocato Umberto De Gregorio), avrebbe più volte rassicurato il titolare della ditta sul fatto che lo avrebbe pagato dei lavori effettuati nella zona di Viserba (per quasi duecentomila euro). Le continue rassicurazioni, anche durante l’intervallo delle partite di calcio del Bellaria di cui uno era presidente e l’altro appassionato tifoso, non facevano presagire il precipitare degli eventi. L’elettricista seppe del concordato tramite un fax, due giorni dopo l’ultima promessa. Per l’accusa Nicolini aveva dissimulato lo stato di insolvenza simulando la possibilità di pagare agevolmente di tasca propria i debiti e ingannandolo sulla fattibilità dell’obbligazione assunta, senza l’intenzione di adempierla. L’elettricista però, fidandosi fino all’ultimo, ha finito per presentare la querela troppo tardi per vedere riconosciute le sue ragioni, come ha rimarcato in aula l’avvocato De Gregorio. Entrambi gli imputati, che si professavano innocenti, sono stati prosciolti con sentenza di non luogo a procedere dal Gip Vinicio Cantarini.

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