Agguato al medico, presi due rapinatori

Rimini

 

RIMINI. Prima di mettere in fuga i banditi con la pistola tascabile, una Beretta Nano 9x21 detenuta legalmente, il dottore, minacciato con un’arma probabilmente giocattolo, si è tolto lo sfizio di pronunciare una frase da film western: «Non dovrei muovermi? Ma vedi tu di non muoverti, che sennò ti sparo io». Il malvivente, col volto coperto dal passamontagna, se l’è data a gambe assieme ai complici mentre alle sue spalle risuonavano i tre colpi esplosi però verso l’alto. Due dei tre uomini che venerdì sera attorno alle 10.30 hanno assalito un noto ortopedico bellariese all’uscita dell’ambulatorio per ripulirlo degli incassi delle visite, non sono andati lontano.

Le catture “lampo”. Con l’accusa di tentata rapina aggravata (in concorso con un’altra persona al momento sconosciuta), infatti, i carabinieri hanno fermato N.M., riminese di 42 anni, residente a Riccione e G.T., e 36 anni, napoletano residente a Rimini. Il primo è stato bloccato poco dopo l’assalto, avvenuto in un parcheggio del centro residenziale Leon Battista Alberti di via Flaminia, da una pattuglia del radiomobile mentre era al volante della propria vettura, una Fiat Cinquecento (segnalata da un testimone come “quella della fuga”). L’altro, invece, i militari del Nucleo operativo della Compagnia sono andato a prenderlo a casa in piena notte, dopo aver accertato la sua presenza nella zona e all’ora dell’aggressione oltre che i ripetuti contatti telefonici con il riminese. I due sospettati, difesi rispettivamente dagli avvocati Gianluca Brugioni e Giuliano Renzi, risultano incensurati. In caserma hanno tenuto la bocca chiusa, in particolare riguardo all’identità del “terzo uomo”, probabilmente proprio quello che - armato e mascherato - si è avvicinato più degli altri al medico. Si dichiarano estranei ai fatti e saranno interrogati domani dal giudice nel corso dell’udienza di convalida. Per adesso sono stati trasferiti nel carcere riminese dei Casetti. Gli investigatori, convinti di aver colto nel segno, adesso sono al lavoro per individuare il presunto complice sfuggito alla cattura. Dietro di loro hanno lasciato più di una traccia. «Non si è certo trattato dell’opera di professionisti», commenta uno degli inquirenti.

Rapporti di lavoro col medico. Dietro all’aggressione potrebbe però esserci una motivazione personale che va oltre la volontà di impadronirsi dei soldi che aveva con sé il professionista a fine giornata, circa duemila euro in contanti. Il 42enne riminese, infatti, collabora come perito per conto delle agenzie assicurative e in passato avrebbe avuto a che fare per motivi lavorativi con il dottore, stimato medico legale e spesso richiesto in tribunale per consulenze infortunistiche. Lui stesso, al momento del controllo a bordo della Cinquecento, non avrebbe fatto mistero della conoscenza: «Ero lì per caso all’Alberti: dovevo incontrare un altro medico, ho sentito il trambusto e compreso che c’era di mezzo il dottore che ho riconosciuto, ma ho visto che non gli era successo niente e me ne sono andato». In macchina era da solo, ma c’è chi, tra i testimoni presenti (alcuni dei quali avventori di un bar) ricollega con certezza la vettura agli aggressori. La compagna, non vedendolo rientrare, si era allarmata: i familiari dell’uomo sono caduti dalle nuvole nell’apprendere il motivo per il quale era trattenuto: «Ci deve essere uno sbaglio». Si vedrà. Il napoletano, sposato, si ritrova da qualche tempo senza lavoro: prima faceva l’operaio.

Il medico non è in grado di riconoscere chi lo ha avvicinato, per via del passamontagna, né le altre due persone da lui discoste, nell’ombra. Ha il porto d’armi da anni, spesso esce con la semiautomatica in tasca. L’altra sera ha avuto l’occasione di estrarla: non si è fatto pregare.

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