Prosciuga il conto della sua paziente, infermiera a processo assieme al figlio

Rimini

RICCIONE. Circonvenzione di incapace. È l’accusa per la quale è a processo una infermiera professionale 57enne sospettata di avere prosciugato in un anno e mezzo il conto corrente della paziente che avrebbe dovuto assistere. La donna, all’epoca dei fatti dipendente dell’Ausl era in servizio all’ospedale di Riccione. Stando al capo d’imputazione, nel periodo compreso tra dicembre 2011 e luglio 2013, avrebbe sottratto alla pensionata che accudiva, affetta da seri problemi psichici (e seguita dal Centro di salute mentale), la somma di sessantamila euro. Praticamente tutto quello che possedeva. Quella che la povera signora considerava alla stregua di una “seconda mamma” le avrebbe lasciato soltanto 70 centesimi. Il “tesoretto” iniziale della assistita, invalida civile con una pensione di 280 euro al mese, era frutto della quota ereditaria che i fratelli le avevano versato su un libretto intestato a suo nome, dopo la morte della madre. Un evento, avvenuto pochi anni prima, che oltre a gettare nello sconforto la paziente, aveva anche avuto una ricaduta pratica. Si era infatti dovuta trasferire in un’abitazione di proprietà dell’azienda sanitaria, con l’assistenza dei servizi sociali. L’infermiera, che dapprima l’aveva seguita per conto dell’Ausl, ben presto si era offerta anche di accudirla privatamente, all’epoca dei fatti in servizio all’Ausl di Rimini. Nei guai, nel corso dell’inchiesta dei carabinieri di Riccione coordinati dal pm Marino Cerioni, era finito anche il ventisettenne figlio dell’infermiera. Deve rispondere dell’accusa di riciclaggio perché risultò intestato a suo nome il conto bancario utilizzato dalla madre trasferiva via via le somme sottratte alla paziente.

La vicenda emerse nel gennaio 2014 su segnalazione dell’Ausl. La donna “derubata” si era sfogata con un’assistente sociale, ma non voleva neppure denunciare l’infermiera per paura di metterla in difficoltà e per non farle perdere il posto. «Mi ha detto che quei soldi erano solo un prestito, perché doveva ristrutturare la casa, e che me li avrebbe restituiti». Gli accertamenti dei carabinieri avvalorarono i sospetti iniziali. La signora sarebbe stata tradita proprio dalla persona che considerava una specie di “angelo custode”. Gli imputati negano le accuse (la parte civile è rapresentata dall’avvocato Massimiliano Cornacchia). Il processo si è aperto ieri davanti al tribunale (rinnovazione degli atti dopo la modifica del collegio, nuovo presidente Raffaella Ceccarelli). All’infermiera si contesta anche l’aggravante della violazione dei doveri della sua funzione: in virtù del suo ruolo non avrebbe potuto accettare compensi, regali o altre utilità, connessi alla sua prestazione lavorativa.

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