Turismo, Rimini traina la regione: giro di affari da oltre 3,5 miliardi

Rimini

RIMINI. Se Rimini è la seconda provincia in Italia per Pil turistico pro capite e può essere un buon modello a cui ispirarsi, si può anche dire che «non basta». Perché «serve l’originalità e perché questo primato non è scritto sulla pietra». Lo dice il sindaco Andrea Gnassi, commentando i numeri pubblicati ieri da Il Sole 24Ore che fissano il valore dell’industria turistica riminese mettendo la provincia al secondo posto a livello nazionale per il Pil turistico pro capite, cioè per valore aggiunto prodotto dal turismo per ogni residente.

Ricchezza creata

Secondo i numeri, l’industria turistica “arricchisce” mediamente ogni riminese di 13.714 euro; davanti c’è solo solo Bolzano (16.132 euro), subito alle spalle c’è invece Venezia (12.308 euro), Aosta (10.713 euro) e Trento (9.993 euro). I dati pubblicati sono elaborati da una ricerca di Regione e Unioncamere Emilia Romagna, intitolata “Il turismo invisibile”. Da questa analisi, che incrocia ogni fonte su tutto ciò che compone l’universo turistico italiano e che in prima battuta mette in evidenza il gap tra le potenzialità dell’industria nel Paese, emerge una fotografia non banale della forza del turismo locale.

Ad esempio: Venezia, Roma, Bolzano, Rimini e Trento sono, nell’ordine, i territori che offrono il maggior numero di posti letto: per media ogni 100 abitanti, in testa c’è Rimini con 51 posti. E ancora: se il valore aggiunto del turismo in Italia è mediamente del 12,2 per cento (ogni 100 euro di ricchezza creata in Italia, 12,2 si devono al turismo), a Rimini e per sole altre otto province questo numero sale vertiginosamente fino a sfondare la barriera del 30 per cento. Oltre due volte e mezzo la media italiana. Questo aspetto è la risultante di altri primati riminesi: valore aggiunto turistico diretto (oltre il 20 cento), addetti (oltre il 30 per cento), imprese (oltre il 25 per cento).

Il peso di Rimini

Il valore aggiunto turistico in Emilia Romagna risulta quindi pari a 16,2 miliardi di euro, l’11,8 per cento del valore aggiunto regionale. Di questi 16 miliardi, oltre 9 sono realizzati dalle province della Romagna. Una differenza che risulta ancora più marcata in termini di incidenza sul valore aggiunto complessivo: in Romagna il turismo pesa per quasi il 30 per cento, in Emilia la quota è del 6,6 per cento. A guidare la graduatoria è Rimini, con un’incidenza del turismo sul valore aggiunto provinciale complessivo del 53 per cento. Considerando che il 42 per cento di tutte le presenze turistiche regionali si registra in provincia di Rimini e che sul nostro territorio trova occupazione il 31 per cento degli addetti turistici, «il dato che stima nel 28 per cento il contributo di Rimini alla creazione del valore aggiunto turistico regionale sembra coerente», viene detto nella ricerca.

Cultura, fogne e mare

Rimini, commenta Gnassi, «sarà ancora più forte, robusta, lungimirante quando valorizzerà la qualità data dal suo patrimonio storico, artistico, ambientale». La direzione, assicura, «è quella, imboccata qualche anno fa, in mezzo alla tempesta di una crisi economica mai vista prima», visto che la comunità riminese ha saputo «abbracciare il cambiamento, valorizzare i motori culturali, le fogne e la salute del mare e ha fermato il consumo di territorio». Per il sindaco, «siamo già al top, siamo la locomotiva del turismo regionale e nazionale, di un comparto industriale che crea ricchezza, lavoro, comunità. E ora sappiamo anche che ha un valore preciso, equivalente a una legge di bilancio».

Traguardo non raggiunto

Ma quei 3,5 miliardi di euro di Pil prodotto a Rimini sono il monito, «non sono scritti sulla pietra: se non ci daremo da fare, tra qualche anno saremmo qui a commentare tutt’altro quadro». Per il sindaco infatti «non siamo ancora al traguardo: tanto lavoro ci aspetta. Ma quello che abbiamo dietro le spalle ci conforta. Leader è chi accelera, non chi si siede».

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui