«Figli rubati»: denuncia i servizi sociali

Rimini

RICCIONE. Sei anni fa si rivolse disperata ai servizi sociali, dopo l’arresto del compagno, perché non sapeva più come andare avanti. Il risultato fu che nel giro di poco tempo dapprima le furono sottratti i due figlioletti, dati in affidamento a suo dire senza consenso, e poi le venne sospesa la patria potestà. Per contrastare con ogni mezzo quella che lei vive come una profonda ingiustizia la donna denunciò penalmente l’allora responsabile delle assistenti sociali di Riccione e quattro collaboratrici coinvolte a vario titolo nella vicenda, ipotizzando nei loro confronti i reati di abuso d’ufficio e falso. Nel frattempo ha ottenuto da un’altra Ausl, subentrata nella competenza, una relazione a lei favorevole che ribalta le conclusioni precedenti e riapre la possibilità di riottenere i figli. La signora è assistita nella sua doppia battaglia legale dall’avvocato Catia Pichierri e sostenuta dall’associazione Genitori sottratti (nella figura del vice presidente Gabriele Bartolucci). La priorità è interrompere la procedura di adottabilità avviata dopo sei anni di affidamento. Davanti al giudice dell’udienza preliminare di Rimini si discute invece se archiviare o meno le accuse nei confronti delle assistenti sociali. Il pm ha chiesto l’archiviazione. Gli avvocati difensori Martina Montanari e Luca Ventaloro hanno aderito alla sua interpretazione per l’assenza dell’elemento soggettivo. Senza entrare nel merito, sostengono non possa essere messa in dubbio la buonafede delle operatrici. La mamma contesta invece alcune osservazioni contenute in una relazione al tribunale dei minorenni sul suo presunto disinteresse nei confronti dei figli. Nel racconto della donna emergono limiti e contraddizioni dell’intervento pubblico teoricamente promosso in favore suo e dei minori. La signora non è mai stata considerata inidonea e i presupposti iniziali dell’affido, contestati dalla parte in causa, erano basati solo su ragioni di natura economica: un problema che non sarebbe esistito se, ad esempio - fanno notare quelli che sostengono la mamma nella sua azione - fossero stati destinati a lei i fondi riservati alla famiglia affidataria. In ogni caso la “fotografia” più recente della sua situazione, effettuata da un’altra Ausl, le restituisce il diritto di riprendersi i figli. L’ultima parola spetta però al tribunale dei minori che ha già disposto una nuova consulenza tecnica, da affidarsi a uno psicologo, per valutare il bene dei minori. Passeranno ancora altri mesi prima di una decisione.

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