Diciotto anni dopo la mattanza si uccide con una coltellata al petto

Rimini

CATTOLICA. Quando scoprì che il tumore diagnosticato alla mamma le avrebbe lasciato solo pochi giorni di vita, togliendo così l’unico punto di riferimento della sorella afflitta da una grave patologia mentale, andò da un fabbro e si fece costruire una mazza di ferro. E con quella, il 16 dicembre del 1999, tolse la vita alle due donne: prima le massacrò di colpi sulla testa e poi le strangolò. Massimo Perini, bagnino cattolichino che all’epoca del massacro aveva 53 anni, pagato il suo debito con la giustizia, venti anni di carcere inflitti dalla Corte d’Assise d’Appello di Bologna nel 2002 (dieci in meno rispetto a quelli per omicidio plurimo premeditato inflitti dal Gup di Rimini nel 2001), ha deciso di farla finita nella stessa casa dove aveva tolto la vita a mamma e sorella. Lo ha fatto la vigilia di Natale, sette giorni esatti dopo il 18° l’anniversario di quella mattanza che aveva giustificato come estremo gesto d’amore per le donne più importanti della sua esistenza. Preso un coltellaccio da cucina, se lo è piantato in mezzo al cuore. Non ha potuto fare nulla l’amico che lo ha trovato in una pozza di sangue il pomeriggio del 24. Al medico del 118 intervenuto nella casa di via Torconca dove Perini viveva da alcuni anni dopo aver riacquistato la libertà in anticipo grazie alla condotta carceraria integerrima tenuta per tutta la detenzione, infatti, non è rimasto altro da fare che constatarne il decesso.

Giù il sipario

In modo violento e teatrale aveva messo fine all’esistenza di mamma Flavia e della sorella Marisa; in modo inusuale ha fatto calare il sipario anche sulla sua esistenza. Togliersi la vita infliggendosi una coltellata al cuore certifica una volontà di “ferro” nel volerla fare finita.

Il massacro

Il duplice omicidio fu compiuto nell’appartamento del Peep di via Longo dove mamma e sorella vivevano, con freddo calcolo (ma i giudici di secondo grado hanno cancellato la premeditazione) al termine dell’ennesima convulsa giornata familiare. Il bagnino entrò in azione dopo aver riportato alla madre la sorella Marisa, scappata poco prima da casa. Per non vederle soffrire imbottì entrambe dei farmaci usati dalla sorella. Attese che facessero effetto e le colpì più volte con la mazza fatta fabbricare apposta e con un martello. Quindi legò un cavo al collo di entrambe. Poi, chiusa la porta dietro di sé, salì su un treno per Roma dove, raccontò dopo la cattura, avrebbe voluto togliersi la vita. Massimo Perini, nei tre giorni precedenti il duplice omicidio si tenne in piedi con gli psicofarmaci della sorella, e lo stesso giorno del massacro chiese aiuto a due medici perché riuscissero a trovare una soluzione per la sorella ammalata. Lui non era più in grado di gestirla, ma la madre aveva costretto la famiglia a formulare un patto: «Marisa non dovrà mai andare in manicomio».

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