Perquisita un'associazione anti-violenza. Presidente-detective indagata per truffa

Rimini

RIMINI. «Sono andata lì cercando aiuto e sostegno psicologico perché vittima di violenza di genere e invece, dopo avermeli prospettati, mi ha “venduto” dei servizi investigativi». Dalla denuncia di una donna cinquantenne che – perseguitata da un ex – si era rivolta a un centro anti-violenza, è partita un’inchiesta dei carabinieri che ieri ha portato alla perquisizione della sede dell’associazione e dell’abitazione della sua presidente, unica iscritta nel registro degli indagati. Il pm Davide Ercolani, titolare del fascicolo, sulla base dei primi accertamenti da parte della sezione di pg dell’Arma presso la procura guidata dal luogotenente Luigi Prunella e dei carabinieri di Riccione, ipotizza il reato di truffa aggravata in relazione all’episodio contenuto nella querela.

L’intento degli investigatori è fare luce sulla eventuale commistione di interessi da parte della presidente dell’associazione anti-violenza che avrebbe prospettato ad alcune assistite l’esigenza di ricorrere a servizi tecnico-investigativi a pagamento, indirizzandole di fatto a lei stessa, detective in proprio, sebbene priva di una licenza, ma semplicemente titolare di una partita Iva. La denunciante, un paio di mesi fa, si è rivolta ai carabinieri di Riccione per poi integrare la querela, con l’assistenza dell’avvocato Milena Montemaggi. «Ho pagato 900 euro, ma me ne ha chiesti tremila». L’idea è che se ci si rivolge a un’associazione anti-violenza no profit, potenzialmente beneficiaria di contributi pubblici, non si debba pagare niente (tra l’altro si tratta di reati per i quali si può usufruire del gratuito patrocinio). Secondo l’ipotesi dell’accusa (avvalorata dalle dichiarazioni di altre cinque donne e dal parere di rappresentanti di altre associazioni analoghe raccolte dai carabinieri), le “assistite” diventavano clienti della presidente-detective. I servizi? Si andava dall’estrapolare i dati contenuti in un telefonino, ai sopralluoghi, alle foto. Nel caso della denuncia c’era anche da rintracciare un’auto rubata (servizio però reso e fatturato al figlio della signora). L’indagata, difesa dall’avvocato Alessandro Sarti, respinge ogni addebito. Il suo impegno nell’associazione, cresciuta molto negli ultimi tempi, è a suo dire ben distinto dalla attività professionale (anche in passato ha collaborato con agenzie investigative) e non nasconde niente di truffaldino. «Per tutelare l’associazione e le donne che ripongono in noi la loro fiducia, mi dimetterò dalla carica di presidente» annuncia l’indagata all’avvocato Sarti convinto, a sua volta, «che si chiarirà tutto». L’associazione si è costituita parte civile nei principali casi di violenza di genere avvenuti a Rimini. Gli investigatori hanno sequestrato per esaminarlo, oltre alla contabilità dell’associazione, anche del materiale conservato in una stanza attigua a quella della sede in uso alla presidente: una specie di kit del detective dilettante, con strumenti che vanno dallo spray urticante a quello per rilevare il contenuto delle buste chiuse, dal gps satellitare alle microspia.

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