Duplice assassino prosciolto in appello. «Non è più capace di stare in giudizio»

Rimini

RIMINI. Condannato in primo grado all’ergastolo per l’omicidio della sua ex compagna e dell’ultimo amante di lei, viene “prosciolto” in appello in via definitiva perché nel frattempo avrebbe perso la capacità di partecipare coscientemente al processo.

La Corte d'assise d'appello di Bologna, sulla base di una consulenza medico-legale, ha ritenuto infatti compromesso in modo irreversibile lo stato mentale dell'imputato (da tempo ricoverato in gravi condizioni in una clinica riminese) e quindi pronunciato sentenza di non luogo a procedere nei confronti di Dritan Demiraj, il pasticciere albanese autore del duplice brutale omicidio, tra il 28 febbraio e l’1 marzo 2014, di Silvio Mannina e Lidia Nusdorfi. Per quanto menomato (durante la carcerazione era stato ridotto in fin di vita da un detenuto nel penitenziario di Parma che l’aveva preso a pugni per una lite dovuta a questioni legate all’uso autorizzato del telefono) Demiraj, difeso dall’avvocato Massimiliano Orrù, è un uomo libero a tutti gli effetti. I giudici intanto hanno ordinato l’immediata scarcerazione. La sentenza è definitiva e anche se Demiraj, un domani, dovesse riacquistare per intero le sue facoltà non finirà più dietro le sbarre (l’avvocato di parte civile Alessandro Buzzoni però vigila). Intanto ha beneficiato della riforma della giustizia del ministro Orlando intervenuta, fra l’altro, in materia di Diritto processuale, anche sulla disciplina dell’incapacità dell'imputato a partecipare al processo. La condizione per azzerare il processo è che l’incapacità stessa sia “irreversibile”: la consulente nominata dalla Corte ha potuto esprimersi però in termini «probabilistici».

Dritan, tra l’altro, in questi mesi di degenza, dopo essere uscito dal coma ha gradatamente riacquistato l’uso della parola (ma non ha più memoria di sé né del passato e per il legale è «come un bambino che vive alla giornata») ma sta recuperando l’uso di un braccio, al punto che non si esclude possa in futuro lasciare il letto per una sedia a rotelle. Nulla osta neppure a un eventuale rientro in patria. Un primo aiutino lo ha avuto dal Legislatore, ora però per completare l’opera può fare affidamento soltanto sul padretereno.

Per il duplice omicidio di Silvio Mannina e Lidia Nusdorfi la Corte d’assise d’Appello di Bologna, ribaltando il verdetto di primo grado, nell’aprile scorso, aveva riconosciuto la complicità di Sadik Dine (zio di Dritan) e lo aveva condannato all’ergastolo (è libero in attesa dell’esito del ricorso in Cassazione) mentre è definitiva la condanna a trenta anni dell’altra complice, Monica Sanchi. Neppure lei, gravemente malata, è dietro le sbarre: viene assistita in una clinica del Riminese.

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