Negoziante muore dopo una lite. Turista a processo per omicidio

Rimini

RIMINI. Colpo di scena nell’inchiesta sulla morte di Serafino “Fino” Sammarini, il 74enne commerciante riminese deceduto il 9 agosto del 2016 dopo uno “scontro” verbale con un turista russo all’esterno della profumeria che gestiva con la moglie. “Fino” dopo un contatto con “l’avversario” era caduto a terra ed aveva battuto la testa sul marciapiede, quindi il malore e poi il decesso. Con una decisione inaspettata, infatti, il Gip Vinicio Cantarini anziché accogliere la richiesta di archiviazione presentata dal pubblico ministero Paolo Gengarelli, ha disposto l’imputazione coatta con l’accusa di omicidio preterintenzionale del turista. L’inchiesta della polizia ha accertato che si trattò di una sfortunata fatalità: il 57enne che affrontò la vittima, non era in grado di esercitare alcuna forza, in quanto seriamente menomato. Diversi testimoni avevano poi riferito di averlo visto si alzare le mani ma solo come gesto di difesa e non di attacco.

La lite

Lo scontro tra i due uomini, era di fatto nato all’interno della profumeria di viale Regina Margherita e aveva riguardato la moglie della vittima, titolare del negozio, e la moglie del turista. La cittadina russa, che non parlava una parola d’italiano, avrebbe voluto fotografare il fogliettino delle spiegazioni di una particolare crema solare. A detta della donna era solo un modo per rendere partecipe dell’eventuale acquisto anche la figlia in Russia. C’era stata però un’incomprensione con la negoziante, stufa delle stranezze delle clienti dell’Est. Entrambe avevano giudicato sgarbato l’atteggiamento dell’altra ed era nato il battibecco. La donna russa aveva sbattuto sul bancone la confezione di crema e girato i tacchi. Sammarini, che era sulla porta, l’aveva inseguita sul marciapiede. Il russo si era voltato per contenerlo provocandone la caduta, risultata fatale. Il turista non se ne era però andato ed aveva teso una mano per aiutare Sammarini a rialzarsi. Un gesto che con i suoi guai fisici gli investigatori hanno letto come una chiara volontà di non voler fare del male. Ma che per l’avvocato Umberto De Gregorio, legale della famiglia, invece, dimostrano che tanto invalido non era: Fino, infatti, pesava 108 chili.

In aula ieri mattina accanto al legale c’era anche la signora Donatella Urbinati vedova di Fino «che con commozione - spiega De Gregorio - ha accolto la decisione del giudice».

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