La Cassazione mette la parola fine: «Marco Pantani non fu ucciso»
L'epoca della post-verità
Un’«inammissibilità totale» che non lascia margini residui a Paolo e Tonina Pantani, i genitori di Marco, assistiti dagli avvocati cassazionisti Antonio De Rensis, Astolfo Di Amato e Alessandra Mezzadri. Il caso è chiuso. Ma c’è un però. Dimostrare che Pantani non fu ucciso, infatti, non è risultato difficile agli investigatori della prima e della seconda ora, ma può rivelarsi inutile di fronte a una parte dell’opinione pubblica orientata emotivamente a seguire teorie suggestive, popolari e poco interessata ai fatti. Ci sarà chi troverà nella sentenza della Cassazione l’ennesima “conferma” alla teoria del complotto e si continuerà a parlare della vicenda senza conoscere le carte processuali: benvenuti nell’epoca della post-verità.
Non c'erano dubbi
La speranza di ribaltare razionalmente le conclusioni del procuratore capo di Rimini Paolo Giovagnoli, vagliate e fatte proprie dal Gip Vinicio Cantarini, era vicina alla zero. Legata solo all’eventuale illogicità o inadeguatezza nelle motivazioni. Il decreto di archiviazione appariva invece solidissimo e si è rivelato tale. I nuovi accertamenti investigativi e scientifici hanno confermato e rafforzato l’esito della prima inchiesta affidata al pm Paolo Gengarelli: il campione morì per «l'assunzione, certamente volontaria e autonoma, di dosi massicce di cocaina e psicofarmaci antidepressivi».
Omicidio? Solo fantasie
«Quella dell’omicidio - scriveva il Gip nel proprio decreto del giugno 2016 - è un’ipotesi fantasiosa, una mera congettura» senza il riscontro dei fatti. Dopo una doppia inchiesta e dodici anni e mezzo di interrogativi, più o meno legittimi, si può ragionevolmente affermare che non esistono più misteri, né margini di dubbio sulla tragica e disperata fine di Pantani. Una conclusione «solida e granitica» secondo quanto si legge nel decreto di archiviazione avallato dalla decisione della Cassazione. Nella stanza del residence le Rose, quel tragico San Valentino del 2004, Marco Pantani era solo con i suoi fantasmi. Il suo cuore andò in frantumi nel giorno degli innamorati per medicinali, droghe, disperazione e solitudine.