Stuprano una ragazza e un trans, caccia a quattro magrebini

Rimini

RIMINI. È caccia ai quattro magrebini che nel giro di un’ora, l’altra notte, hanno stuprato ripetutamente in spiaggia a Rimini una turista polacca dopo aver tramortito il suo amico spaccandogli la faccia, poi hanno riempito di botte e violentato sul ciglio della statale Adriatica un transessuale peruviano.

Una violenza cieca e inaudita, alimentata dall’alcol e dalla droga, che non trova motivo nei pochi spiccioli rapinati né nell’ansia di soddisfare impulsi bestiali: basti pensare che, dopo aver abusato della ragazza sulla battigia, in preda all’ilarità, l’hanno presa di peso e gettata in mare.

L’inizio dell’incubo

Tutto ha inizio poco prima delle 4. Due turisti polacchi stanno ritardando il più possibile il ritorno in hotel. Il sogno di una vita, la vacanza in Italia. Sia lui sia lei hanno ventiquattro anni: fanno parte di una comitiva di cinquanta connazionali che fa base a Rimini da una settimana. È l’ultima notte, sono reduci da una gita in Toscana, gli altri sono rientrati alla spicciolata nell’albergo di via Padova, duecento metri più avanti. Siedono sul lungomare, a ridosso della spiaggia, all’altezza del bagno 130 di Miramare, quando vengono attorniati da quattro giovani, visibilmente alterati e con le bottiglie di birra in mano. «Ciao ragazzi, volete bere qualcosa con noi?», fa uno di quelli in un inglese stentato. Le parole sono amichevoli, l’atteggiamento no. I polacchi, accerchiati, intimoriti, declinano l’invito. È il pretesto che scatena la furia. I quattro ragazzi trascinano i due, attraverso un passaggio pedonale, verso la spiaggia. Schiaffi, spinte, strattonamenti. I due turisti vengono separati: il ragazzo viene preso a pugni, nella zona dei mosconi, e cerca di reagire finché uno degli aggressori gli spacca la bottiglia in faccia e perde i sensi. Il branco può quindi sfogare la sua bestialità sulla ragazza. Le strappano gli abiti di dosso e la violentano a turno. Tutti e quattro. Alla fine, incuranti delle lacrime della ventiquattrenne, la gettano in acqua come un oggetto che non serve più. Poi tra risa e pacche sulle spalle abbandonano la spiaggia. Più tardi ai poliziotti non riuscirà neppure a dire quel che le hanno fatto: «Mi hanno portato a riva per... », e giù singhiozzi.

Come si vedrà, però, la loro sete di brutalità non è ancora placata.

La giovane polacca, disperata, si rialza e grida il nome dell’amico: teme che l’abbiano ucciso. Quel tratto di arenile non è illuminato. I mosconi a riva le nascondono alla vista il corpo del connazionale svenuto. È lei, coraggiosamente, a soccorrerlo. Le grida di disperazione della coppia, a mano a mano che si avvicina alla strada, sostenendosi a vicenda, sembrano perdersi nel nulla.

La lucciola in soccorso

A raccogliere la drammatica richiesta di aiuto è una giovane prostituta romena. Non ha paura di avvicinarsi e le basta un’occhiata per capire tutto. Afferra il telefono e chiama la polizia. Comincia qui l’indagine della Squadra mobile della questura.

Il branco, nel frattempo, durante il tragitto a piedi, tra vie a monte, in perpendicolare al mare, viene tracciato dai video di sorveglianza (vagliate a ritroso dagli investigatori). I quattro stupratori, solo sagome nere in lontananza nelle telecamere del bagnino, diventano volti. «Non sembravano italiani, due erano molto scuri, altri due un po’ meno», li avrebbe descritti poi in ospedale il turista polacco ferito (ha riportato, tra l’altro, una frattura al volto).

Lo stupro del trans

Anche il transessuale peruviano ha raccontato di essere stato circondato da quelli che per lui erano “magrebini”. L’unica sua “colpa” è stata ritrovarsi sulla strada di chi, l’altra notte, ha rinunciato alla propria umanità. L’hanno preso a botte, violentato e rapinato dei suoi “guadagni”. Poi hanno scaricato anche lui, con un calcio, in un fosso lungo la Statale. A testoni ha raccolto il cellulare e ha chiamato la polizia. «Aiuto, mi hanno aggredito». Non erano ancora le cinque del mattino.

Il questore Maurizio Improta si trova ad affrontare una situazione critica verso la fine di un’estate tranquilla. «Le persone aggredite hanno vissuto un incubo. Ora mi auguro che l’incubo lo vivano gli autori del gesto. Non posso dire nulla sullo stato delle indagini per non dare vantaggi agli aggressori». Dalle immagini i quattro non sembrano, a giudicare dall’abbigliamento, degli sbandati, ma non saranno solo le telecamere e le testimonianze a portare gli investigatori sulle tracce dei responsabili. Su alcuni oggetti repertati sarebbero state infatti recuperate impronte e tracce di Dna, ora al vaglio del laboratorio della Scientifica di Bologna. La partenza del pullman col resto dei polacchi, ieri mattina, e i bagnanti che affollavano di nuovo le spiagge, compreso il 130, non traggano in inganno: niente sarà più lo stesso finché non verrà fatta giustizia.

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