Pronti a diventare italiani

Rimini

RIMINI

Sono quasi settemila i ragazzi riminesi che grazie allo “Ius soli”, potrebbero diventare cittadini italiani. Come si dice: sono nati qua e frequentano le “nostre” scuole, che poi sono anche le loro. Il Comune non ha voluto attendere i tempi del Parlamento e da qualche anno ai giovani stranieri nati a Rimini viene conferita la “cittadinanza onoraria”, nulla più di un atto simbolico nell’ambito del Mese della famiglia, che però fa ben capire l’orientamento della giunta. Il provvedimento infatti è stato approvata alla Camera il 13 ottobre, ora è stato incardinato a Palazzo Madama, ma è scoppiata la bagarre e il ddl rischia di non avere vita facile.

La legione straniera

Non sono pochi i ragazzi stranieri interessati allo “Ius soli”: 6.887 in tutta la provincia. Ovviamente il numero più consistente risiede a Rimini (3.268), quindi Riccione (587), Bellaria Igea Marina (582), Santarcangelo (334), Cattolica (322). Giusto per citare le realtà più rappresentative. «Ricordiamo che questi bambini – ha spiegato la vice sindaco Gloria Lisi – frequentano le nostre scuole, parlano spesso solo la nostra lingua e a volte neppure hanno mai visto la terra di origine dei propri genitori».

Solo a Rimini (capoluogo), la popolazione straniera in età scolare rappresenta poco meno del 10 per cento, arrivando a superare abbondantemente quota 1.500 alunni. «Studenti che vivono in tutto e per tutto la storia, la cultura, la socialità italiana, insieme ai compagni e alle famiglie».

Rimini è il tuo suolo

Già da qualche anno il Comune conferisce la “cittadinanza onoraria” ai bambini stranieri nati in Italia. Un gesto simbolico, ma promosso e pubblicizzato per spiegare bene qual è la posizione riminese.

«Rappresenta un passo importante della società – aggiunge Lisi –. Da parte mia ho sempre sostenuto questa necessità, concedendo la cittadinanza onoraria per minori stranieri nati in Italia e residenti a Rimini. Un’esperienza nata proprio per stimolare il dibattito nazionale sul tema dello Ius soli. Quando riconosco un diritto, nello stesso medesimo momento faccio assumere anche i doveri. Se queste persone non vengono integrate, si sentono straniere, poi è più difficile fare discorsi sui doveri».

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