«Provocato, ho perso la testa: mi dispiace»
I motivi di discussione con la 48enne socia di maggioranza della palestra (lei ha il 96 per cento delle quote, lui il 4) erano legate al valore dell’immagine del campione, ma anche a un rapporto irrisolto tra i due. «Non sei nessuno, non conti niente, ti mando via quando voglio» avrebbe più volte detto lei, ferendo l’orgoglio di Stecca. «Questi ragazzi vengono in palestra per me», ribatteva lui. L’ex pugile reclamava per sé, oltre che più soldi, anche maggior rispetto. «Ho sbagliato, ma lei mi sbeffeggiava e mi negava anche quel minimo che avevamo pattuito: non ricevo lo stipendio da due mesi. Ero esasperato: mi ha reso la vita un inferno da quando le ho detto che tra noi potevano esserci solo rapporti di lavoro e non di altro genere». Abbassa lo sguardo. La profonda stanchezza dell’uomo ha preso il posto della spavalderia tipica del personaggio. Gli investigatori (Squadra mobile e pm Gemma Gualdi) adesso rileggono in chiave negativa la frase che Stecca avrebbe pronunciato dopo la prima lite, quella della tarda mattinata, che ha preceduto l’aggressione. «Se non avessi avuto male alla schiena l’avrei scaraventata giù dal ballatoio». Una semplice sparata, una guasconata delle sue, assicura agli avvocati Ippoliti e Ventaloro. «Scherzavo, non dicevo sul serio: ero scivolato e nel cadere mi sono aggrappato a lei facendomi anche male. Ma era finita lì. Non è vero che ho tentato di sollevarla».
Gli amici di Loris, in città e sul web, gli testimoniano affetto e solidarietà: tutti lo conoscono come un uomo buono e generoso. Ci si domanda come e perché possa essersi reso autore di un’esplosione così violenta: finora aveva sempre tenuto a freno l’impulsività. Se lo chiede anche il fratello Maurizio, un altro grande della boxe, ora allenatore della nazionale. «Voglio capire bene la situazione, ma ha sbagliato a compiere un gesto del genere specie contro una donna. Il pugilato ci insegna a mettersi in difesa e a usare la testa». Tutti i codici della “nobile arte”, però, sono saltati di fronte a quel «Non sei nessuno». E il passato è tornato a prendere a pugni l’impossibile ricerca della normalità. «L’ho fatta grossa, ma non sono un mostro».