Maltrattamenti in una casa di riposo Divieto di avvicinamento a due operatori

Rimini

RIMINI. Due dipendenti di una casa di riposo (Rsa) della provincia di Rimini accusati di presunti maltrattamenti nei confronti di alcuni ospiti dovranno stare alla larga dal luogo di lavoro, almeno cento metri, pena l’arresto. È la misura disposta nei confronti di una 52enne riminese e di un 49enne di origine campana, entrambi operatori socio-sanitari presso la struttura, la prima ancora in servizio.

Il giudice per le indagini preliminari Sonia Pasini, non condividendo l’impianto accusatorio, ha però rigettato le principali richieste dell’accusa (pm Paola Bonetti) – per “assenza di gravi indizi” – riguardo ad altri due soggetti, individuati invece dagli investigatori (i carabinieri di Riccione) come gli autori delle principali condotte “sospette”, la gran parte riprese con l’ausilio di telecamere nascoste. Contro il mancato arresto degli altri due indagati, regolarmente al lavoro, la procura ha già presentato appello al Tribunale del Riesame.

Il film della violenza

Uno di loro, stando all’informativa della polizia giudiziaria, avrebbe addirittura abusato sessualmente di una paziente novantenne. Lo stesso filmato però, esaminato dal pm Paola Bonetti e dal giudice Sonia Pasini, ha dato luogo a interpretazioni completamente opposte. Pm e polizia giudiziaria, nella medesima scena ripresa all’interno della casa di riposo nell’autunno dello scorso anno, vedono da una parte delle evidenti condotte orientate sessualmente e dall’altra delle semplici operazioni tecniche durante il cambio di un pannolone. È solo l’episodio più rilevante della diversità di interpretazione degli investigatori rispetto al giudice per le indagini preliminari che non si limita a negare il carcere ma, nel caso di un altro indagato, smonta una per una, attraverso la visione diretta delle immagini “rubate”, tutte le ventisei contestazioni contenute nell’informativa della polizia giudiziaria. Nessun grave indizio di colpevolezza riguardo al reato di maltrattamenti, ma semmai «azioni, gesti, espressioni, battute che si inseriscono in un contesto lavorativo assai difficile e peculiare» e che, in ogni caso, non sono abituali e non derivano – sempre stando all’interpretazione del giudice – dalla consapevolezza o dalla volontà di infliggere agli ospiti un regime di vita umiliante o vessatorio. Battute dialettali e imprecazioni bonarie? Oppure frasi beffardi e intollerabili rivolte a persone meritevoli di rispetto al di là dell’età o delle condizioni psico-fisiche?

Le indagini dei carabinieri

I carabinieri del nucleo operativo di Riccione, al di là degli eventuali riscontri processuali, hanno messo grande impegno nell’inchiesta, condizionata da una iniziale fuga di notizie, ma che ha potuto contare sulla piena collaborazione della direzione della struttura e dell’Ausl stessa (la segnalazione è partita da una dipendente). Di fronte allo scontro interpretativo passano quasi in secondo ordine le condotte che hanno portato al divieto di avvicinamento per gli altri due operatori socio-sanitari. Si tratta di episodi nel quali sia la donna sia il collega uomo avrebbero, in alcuni casi lei, in una sola circostanza lui, messo le mani addosso ai pazienti rimasti feriti in maniera lieve. Si tratta però di fatti ricostruiti attraverso le testimonianze: nei video girati nel corso di tre mesi - tra ottobre e dicembre 2016 - anche per lo loro il Gip adotta il metro di misura garantista, disegnando specie per la donna una condotta «maltrattante» meno pesante rispetto a quella descritta nell’imputazione provvisoria. Gli interrogatori dei due indagati sottoposti alla misura, difesi dagli avvocati Massimiliano Orrù e Massimiliano Picci, potranno fornire le spiegazioni del caso al giudice nel corso dell’interrogatorio di garanzia fissato per martedì prossimo, 9 maggio. Nel caso il Tribunale dovesse accogliere il ricorso del pm, prima dell’adozione di eventuali provvedimenti restrittivi (nei confronti degli altri due indagati liberi di lavorare) bisognerà attendere il verdetto della Cassazione.

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