Viserba non ci sta

Rimini

Sono gli ultimi nati nel vasto e articolato mondo della protesta, anche se preferiscono definirsi cittadini preoccupati. Il tema è sempre quello, da mesi ormai: la chiusura del campo nomadi di via Islanda e la distribuzione di sei o sette (su undici) famiglie Sinti in altrettante piccole aree nei quartieri. Comitati sono sorti un po’ ovunque, anche a Viserba, in particolare in via Orsoleto. In questi giorni c’è una novità. Un gruppo di viserbesi («mamme in particolare») ha contattato Gabriele Bernardi, “editore” della pagina Facebook “La Viserba che vorremmo”. Qua e là, fra un post e l’altro, non solo sulla pagina madre, i timori erano già venuti a galla. Soprattutto perché due delle vie coinvolte sono proprio a Viserba: via Tombari e via Orsoleto. E i rappresentanti locali del Pd hanno detto “o una o l’altra”, soprattutto dopo che via Gaza (da Torre Pedrera) è finita fuori dalla lista.

Detto, fatto: via alle firme

Quindi. Dalla “Viserba che vorremmo” alla raccolta di firme il passo è stato breve. È bastato un breve tam tam sui social ed ecco che da domenica a giovedì sera nei vari punti sparsi per Viserba, i promotori hanno messo in archivio 600 autografi.

«Non è mai stato così facile come questa volta – assicura Bernardi –. Come Viserba che vorremmo siamo stati contattati da alcune mamme. Sono preoccupate, leggono da settimane di via Islanda, del campo nomadi che deve essere chiuso e si chiedono cosa succederà vicino alle loro case. Si domandano: ma noi dobbiamo fare tante piccole vie Islanda? A Viserba i nomadi già ci sono, li vediamo ogni estate nei giardini della stazione».

Lontano da qui

Come succede in questi casi le preoccupazioni sono più o meno sempre le stesse e nelle varie assemblee nei quartieri (da Villaggio Primo Maggio a Torre Pedrera) sono già state ampiamente spiegate. «Hanno paura che il valore delle case scenda, così come la qualità della vita, c’è poi la questione della sicurezza – spiega Bernardi –. Se il paragone è via Islanda non è che ci sia da stare tranquilli».

Giovedì sera l’esponente della “Viserba che vorremmo” ha partecipato al consiglio comunale e stigmatizza l’assenza di confronto con i cittadini da parte della giunta e della maggioranza. «Se la gente ha paura va tranquillizzata, bisognerebbe organizzare un incontro a settimana, altro che chiudersi nel bunker. E poi il tema è la discriminazione, se una persona si vuole integrare lo fa in un condominio, un’abitazione, non certo in una microarea. La raccolta di firme va avanti fino a domenica, per ora siamo a quota 600, vediamo dove arriviamo, ma non è mai stato così facile».

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui