«Scaraventato in acqua dall'onda con la ruota del timone in mano»

Rimini

RIMINI. «Non eravamo in emergenza, le condizioni meteo erano difficili, ma andavamo a motore e il rientro in porto a Rimini procedeva in maniera relativamente tranquilla. Poi all’improvviso ci è piombata addosso un’onda gigantesca, molto più alta delle altre e la situazione è precipitata: si è spento il motore, la barca s’è intraversata ed è andata a schiantarsi sullo scoglio. Sono stato catapultato fuori: mi sono ritrovato in acqua con la ruota del timone in mano».

Carlo Calvelli, 69 anni, otorinolaringoiatra a Verona, può ritenersi fortunato, per il solo fatto di poter raccontare la drammatica avventura. Ha superato la grave ipotermia e adesso si ritrova in ospedale per una spalla lussata e le tante ammaccature. «Gli urti contro la scogliera, ma anche il winch che si è staccato e mi ha colpito alla gamba». Il sostituto procuratore di Rimini che conduce l’inchiesta sull’incidente è andato ad ascoltare la sua versione dei fatti, così come aveva già fatto con l’altro superstite, Luca Nicolis.

Vivo per miracolo

«Ho visto per un attimo Alessandro Fabbri, aggrappato a qualcosa, poi sono stato sbattuto sulla pietra. Dopo la botta mi sono ritrovato con la spalla fuori uso e un piede incastrato. Riuscivo a malapena a respirare, ma solo a intermittenza, perché a ogni nuova ondata venivo sopraffatto dall’acqua. Non ho potuto far altro che tenere il braccio buono alzato, nella speranza che qualcuno mi notasse». Quando i soccorritori lo hanno sollevato, hanno tirato con forza: lo stivale che indossava si è rotto e lui si è liberato dalla morsa. Nel riemergere con il piede scalzo la temperatura corporea era di 33-34 gradi. I colleghi medici lo hanno salvato.

Cosa è successo?

Per Calvelli doveva essere la vacanza di una settimana. Il viaggio in barca era un trasferimento nel porto di Trapani, dopo un periodo di revisione dell’imbarcazione a Ravenna. Al Pm racconta che nessuno di quelli a bordo era un pivello. «Tutti in possesso della patente nautica, a parte Luca Nicolis (il ragazzo della figlia di Alessandro Fabbri, armatore e comandante)». Secondo Calvelli, però, la decisione presa da Fabbri di prendere il largo nonostante il maltempo è stata condivisa da tutti: «Sapevamo del maltempo, ma non sarebbe durato molto stando alle previsioni, non sembrava niente di esagerato. La barca era solida, pronta alla traversata». Almeno tre dei cinque velisti a bordo erano da considerarsi dei veri e propri skipper, uno di loro - Enrico Martinelli - in barca aveva fatto addirittura il giro del mondo. Criticare da casa, al caldo, quanto è successo è facile, ma serve rispetto, anche per comprendere meglio l’accaduto perché non debba ripetersi niente di simile. Fabbri si sarebbe consultato con Martinelli e decisa la rotta, compreso quella dell’ingresso nel porto di Rimini. «Non abbiamo lanciato l’Sos, era una situazione relativamente tranquilla. Poi quella maledetta onda... ».

Carta nautica non aggiornata?

Erano in possesso di una vecchia mappa che non segnalava il “pennello”? Qualcuno lo ipotizza, ma il problema è stato l’improvviso spegnimento del motore. «Siamo partiti con il serbatoio pieno». L’otorino-velista al momento dell’impatto era in coperta con Martinelli ed Ernesto Salin. «Ci alternavamo al timone, in quel momento c’ero io».

Non ha mollato la presa neanche quando il contraccolpo lo ha scaraventato in acqua. «Mi sono ritrovato con la ruota in mano». Un uomo in mare con un timone spezzato: nessuna immagine dell’impotenza di fronte alla forza della natura può essere più eloquente. La rotta che gli ha riservato il destino, però, è stata favorevole. Una mano amica ha stretto la sua e lo ha tirato fuori dal nulla, un attimo prima del buio.

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