L'avvocato Accreman "vince" l'ultimo processo

La Corte d’assise d’appello, infatti, dopo l’annullamento del primo verdetto da parte della Cassazione, aveva inflitto nuovamente la pena dell’ergastolo a Eder Marila, il 34enne cittadino albanese, accusato di aver deliberatamente investito in un giorno di ordinaria follia (il 24 settembre 2006) cinque donne, uccidendone una. In primo grado a Rimini, nel dicembre 2011, era stato condannato a trenta anni, poi nel primo giudizio d’appello erano state accolte le tesi del pm riminese Marino Cerioni che chiedeva per l’imputato le aggravanti della crudeltà e delle sevizie nei confronti della vittima, infliggendo il carcere “a vita”. Secondo la corte suprema, però la decisione era viziata dal fatto che era stata ignorata la richiesta della difesa di prendere in considerazione l’ipotesi della perizia psichiatrica: «Non si può distinguere – avevano già sottolineato nel processo di primo grado i difensori di allora – una follia morale, da quella medico-legale». Marila stavolta era assistito dall’avvocato Veniero Accreman, ma a inchiodarlo alle sue responsabilità è stato proprio l’esito della perizia psichiatrica, depositata alla vigilia della prima udienza dell’appello: l’imputato è stato giudicato capace di intendere e di volere e a quel punto non c’erano più appigli per evitare un verdetto in fotocopia. “Ergastolo”. Poi, di nuovo in Cassazione, l’annullamento-bis. Una “magia” di Accreman, o forse solo un cavillo pescato dal mazzo di una vita in aula, ma è bella l’immagine dell’ultimo ruggito del vecchio leone, a testa alta davanti i giudici della Corte suprema. A maggio il processo riparte da zero: se il verdetto dovesse essere ancora carcere a vita, sarà difficile sperare in un’altra possibilità.