«Avevo vinto il tumore, ora vivo nel terrore»

Rimini

RICCIONE. «Ero appena uscita da un tumore: quell’errore mi ha fatto ricadere in un buco profondo. Ora vivo nella paura di riammalarmi. Paura di non riuscire a vedere i miei figli crescere». Respiri profondi e mente lucida, tono pacato ma netto.

E mai la voce incrinata dall’emozione: solo quando accenna ai figli, si ferma a sospirare. Ma la rabbia è ancora più forte della paura, più forte del dolore. Lei ha 41 anni, vive a Riccione, i suoi bimbi hanno dieci e sei anni, nel 2011 si è ammalata di un tumore al seno: al seno sinistro, ma le hanno curato il destro. Lei ha denunciato medici e tecnici e ora chiede 800mila euro di danni.

«Lo ricordo ancora benissimo: era aprile del 2011, ero sotto la doccia - racconta -. Sentii un nodulino al seno sinistro. Mi spaventai subito e mi feci visitare: mi diagnosticarono un tumore maligno e appena un mese dopo venni operata. Mi tolsero il nodulo e tutti i linfonodi ascellari. Avevo 37 anni: in quella stagione della vita in cui si pensa solo al futuro. I miei bimbi avevano tre e sette anni».

Ripete la storia come se ormai leggesse il referto medico di un’altra persona. E’ stanca di ripetere la tiritera e non vorrebbe rivivere quel dolore, ma ora vuole giustizia e soprattutto vuole combattere «perché certe cose non capitino più».

Subito dopo l’intervento, la 41enne viene presa in cura da Oncologia a Rimini: lì le prescrivono una terapia di sei sedute di chemio e venticinque di radioterapia. «Con la chemio perdo i capelli, ma vado avanti. Mi affido a loro. E passo al reparto di radioterapia - scandisce le puntate della sua vita come una fiction -. Lì mi fanno la tac di centratura e, in sostanza, centrano il seno sbagliato. Invece del sinistro, quello destro». Come sia accaduto, non è chiaro. A lei, hanno parlato dell’errore “perfetto”: tra gli indagati, i tecnici hanno sostenuto di aver seguito le indicazioni mediche trascritte, ma sapere come sia potuto accadere è oggi impossibile. Eppure, non si dà pace. La tac di centratura serviva proprio per consegnare l’esatta posizione della parte operata da “bombardare” con le radiazioni. «Mi è stato spiegato che nella mammella operata ho delle clip metalliche che indicano il punto esatto in cui era presente il tumore. Nonostante la loro presenza, hanno centrato il seno sbagliato, il tessuto sano».

Dovranno passare ventidue, ben ventidue sedute di radioterapia prima che la 41enne si accorga che qualcosa non va. «Non potevo rendermene conto prima: per la radioterapia, io entravo in quella stanza, mi facevano sdraiare sul lettino di metallo, a torso nudo e braccia alzate. La mia cicatrice sotto l’ascella si vedeva. E il macchinario ruotava su di me dalla parte sinistra: non ho mai pensato che girando da quella parte irradiasse radiazioni alla parte opposta del mio corpo», sospira. Poi, un giorno, l’amara scoperta. «Torno a casa dalla 22esima seduta: mi spoglio per buttarmi sotto la doccia e guardandomi allo specchio rimango sbalordita». Vede sul seno destro un rettangolo con un perimetro perfettamente delimitato di abbronzatura. «Sapevo che poteva essere una conseguenza della radioterapia: eppure non ci volevo credere. Il giorno dopo vado in ospedale e il primario ammette l’errore, poi mi arriva quella lettera - sorride amaramente -. Era il presidio ospedaliero che si scusava, testualmente, dell’evento avverso. E mi consolava aggiungendo che, nonostante la sua drammaticità, l’evento sarebbe servito a cambiare i protocolli di controllo». E comunque, il problema rimaneva: per troppo tempo, infatti, era stato “dimenticato” il seno malato. La donna ha quindi accettato di sottoporsi alla radioterapia sempre a Rimini per la mammella sinistra: «Ho pensato solo alla mia salute. Ho pensato che rimanendo a Rimini avrebbero cominciato subito la terapia e che, visto quello che era accaduto, ora avrebbero prestato a me il triplo dell’attenzione». Ma è con un «nodo alla gola» che ogni giorno tornava lì a smaltire quelle 25 sedute. «Li ho denunciati appena saputo dell’errore. Nella perizia disposta da noi - la 41enne è rappresentata dall’avvocato Roberto Urbinati -, si dice chiaramente che quella radioterapia al seno sbagliato aumenta di gran lunga il rischio di contrarre un nuovo tumore, e non solo alla mammella irradiata, ma anche a polmone, stomaco, fegato. Nel totale, ho assorbito 47 sedute di radiazioni: troppe. Cosa ne sarà del mio corpo tra 10 o 20 anni?». La denuncia penale è stata archiviata, sulla scorta della mancanza di un danno procurato, ma la donna ha fatto ricorso: nel frattempo ha avviato una causa civile. «Ora mi faccio forza, ma è stato un calvario - fa l’ultimo sforzo -. Pensavo di essere alla fine di un percorso difficilissimo. Era quasi Natale (del 2011, ndr): ero certa di poterlo trascorrere tirando un sospiro di sollievo e invece no, e mi hanno fatto ricadere in quel buco profondo. Inizialmente mi assalì la paura: il terrore da una parte di non aver curato quel tumore appena operato, e dall’altra di aver creato altri danni a quello che di sano avevo. Poi fu il momento della rabbia». Non cerca vendetta, dice, «ma giustizia. E vorrei che certi errori non capitassero più». Intanto, i controlli non li sta facendo all’ospedale di Rimini: «E’ troppa la difficoltà di tornare lì dentro».

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