Romagna Nostra, le mafie sbarcano in Riviera

Rimini

RIMINI. Tutto esaurito, ieri sera, alla sala Marvelli la proiezione di “Romagna Nostra – Le mafie sbarcano in riviera”, dell’associazione Gruppo Antimafia Pio La Torre. Circa 120 persone, tra cui presidente e vice presidente del tribunale di Rimini e numerosi amministratori locali, hanno potuto prendere visione del documentario , introdotto dagli interventi del prefetto Claudio Palomba, del presidente della Provincia Stefano Vitali, del pubblico ministero del Tribunale di Palermo Daniele Paci, del rappresentante del gruppo antimafia Pio La Torre, Davide Vittori.

Il presidente della Provincia Stefano Vitali (nella foto) ha spiegato come ormai non sia in discussione «la presenza di mafie sul nostro territorio, casomai, il livello cui esse sono arrivate. Ed è come non regga la teoria degli “anticorpi”. Purtroppo, non ci sono anticorpi che garantiscano per definizione l’immunità dalla mafia e non ci sono zone che possano permettersi di dormire tra quattro cuscini. Gli esempi di Reggio Emilia e Modena ci dicono come in Emilia Romagna le mafie possano espandersi fino a diventare padrone di intere filiere economiche». Secondo Vitali, oltre alla crisi economica che funge da accelerante alla «tentazione dell’illegalità», pericolosa si rivela anche «la crisi di autorevolezza delle nostri classi dirigenti, nessuna esclusa. Quando le istituzioni non sono in grado di farsi rispettare e perdono di autorevolezza: c’è un problema. Quando alcuni imprenditori mostrano un rapporto disinvolto con la legalità: c’é un problema. Quando alcuni professionisti compaiono come protagonisti di vicende squallide: c’è un problema. C’è un problema anche quando si attua, consciamente o meno fa poca differenza, una sostanziale delegittimazione tra istituzione e istituzione, considerando la ricerca di consenso non uno strumento ma un fine a cui tutto sacrificare. E questo purtroppo non riguarda solo la politica, anche a Rimini».

Il sostituto procuratore Daniele Paci, analizzando i diversi rapporti della Dia (Direzione investigativa antimafia), ha messo in evidenza come la realtà riminese venga descritta come a rischio di un tentativo di forte ingresso da parte della ndrangheta calabrese. Ha, poi, evidenziato (ricordando l’episodio che a Reggio Emilia ha visto tenersi un anomalo vertice tra imprenditori, alcuni politici ed esponenti della ndrangheta per discutere della crisi edilizia derivata dal blocco di cantieri sospetti decisa dal prefetto De Miro) come tentativi di condizionare il tessuto politico non possano escludersi in una realtà apparentemente immune da queste dinamiche come la nostra. Per questo, ha sostenuto Paci, occorre una grande attenzione da parte delle istituzioni e della politica. Anche perché il ruolo degli amministratori è grande. Citando l’esempio di Pio La Torre che nella sua relazione all’Antimafia anticipò di dieci anni le indagini di Falcone, ha sottolineato come la magistratura sia condannata ad arrivare sempre dopo rispetto a presenze pericolose sul territorio che per primi i sindaci e le persone impegnate nella dimensione pubblica possono avvertire e debbono segnalare.

 

Il tema è stato raccolto dal Prefetto che, ricordando il grande lavoro congiunto che su impulso della Prefettura ha coinvolto le Pubbliche Amministrazioni, ha evidenziato come la sfera pubblica locale sia estranea a qualsiasi relazione con ambienti criminali. In questo senso è importante il lavoro condotto assieme alle Forze dell’ordine, proprio per monitorare le presenze di esponenti criminali sul nostro territorio: se un esponente delle mafie sceglie di risiedere nel riminese non lo fa certo per prendersi una vacanza. Ha poi ricordato come le mafie riescano a radicarsi nei contesti in cui la società civile è debole e smarrita ed è tentata di percorrere scorciatoie, anche per questo è prezioso l’impegno delle associazioni antimafia del nostro territorio.

 

Davide Vittori dell’associazione Pio La Torre ha ricordato come l’impegno del gruppo abbia come sua priorità, anche simbolica, il tema dei beni confiscati alla mafia (sono sette quelli presenti nella nostra area) ed il suo riutilizzo sociale. Prendere atto che esistono vicino a dove abitiamo, aiuta a ricordarci che la mafia in qualche modo è una presenza che ha a che fare con il nostro quotidiano. Una presenza camaleontica che sa adattarsi al contesto e sfruttarne le possibilità criminali che si presentano. Ha poi illustrato i capitoli che caratterizzano il documentario Romagna Nostra e che, dal racket del gioco d’azzardo alle connessioni tra finanza e criminalità, punteggiano alcune tra le più importanti indagini di polizia che hanno riguardato il nostro territorio.

 

 

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