Insetti, schegge e mozziconi nell'insalata: 24 operai indagati
Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Rimini, Sonia Pasini, sulla base di un’inchiesta dei carabinieri, ha disposto nei confronti di tutti loro il divieto di dimora nei locali dell’azienda e il divieto di esercitare professioni dello stesso genere e nel medesimo settore.
Le accuse vanno dall’adulterazione di sostanze alimentari, al furto sistematico di piatti pronti, succhi di frutta, verdure, fino alla turbativa dell’esercizio dell’industria e del commercio. Le condotte contestate vanno dal marzo 2015 al 9 dicembre 2016. Negli ultimi mesi sono state documentate da 64 telecamere installate nel mese di ottobre con l’autorizzazione della procura, ma a spese della società. Le immagini immortalano alcuni dipendenti mentre gettano corpi estranei di ogni genere, sempre di piccole dimensioni, nei macchinari per il taglio e il lavaggio delle verdure oppure mentre prelevano a mano gli scarti “eliminati” dal selettore ottico e dal metal detector per collocarli tra i prodotti idonei alla distribuzione, vanificando i sofisticati meccanismi di controllo. Il tutto attraverso manovre che avevano lo scopo di eludere la pur attenta sorveglianza. Uno scenario che presuppone l’esistenza di una vera e propria strategia studiata a tavolino, con le operaie pronte a coprirsi l’una con l’altra, e attraverso l’uso di vassoi, sacchetti e zaini, nella completa indifferenza verso i consumatori esposti a gravi rischi per la salute.
Di fronte alle ricorrenti segnalazioni dei cittadini e delle principali catene di distribuzione che avevano temporaneamente portato alla “sospensione delle referenze” del prodotto, i responsabili dell’azienda riminese hanno segnalato i loro sospetti ai carabinieri, chiedendo di intervenire. Gli investigatori hanno identificato come autrici delle principali azioni di sabotaggio tre operaie cinesi di 53, 36 e 46 anni. La prima, oggetto in passato di contestazioni disciplinari, aveva intrapreso da tempo un braccio di ferro con l’azienda, questione finita davanti al giudice del lavoro. La vertenza fu vinta dalla lavoratrice, col patrocinio legale della Cgil, e – una volta riassunta – è diventata a sua volta rappresentante sindacale. Un ruolo che, secondo quanto ipotizza il Gip nell’ordinanza - dà «ulteriore fondamento all’ipotesi di un disegno unitario» che coinvolgeva colleghe e colleghi delle linee produttive più a stretto contatto con lei. Il boicottaggio e i furti come ritorsione rispetto alle condizioni di lavoro, ritenute ingiuste. Dopo le prime risultanze dell’inchiesta l’azienda, il 30 dicembre scorso, ha licenziato per giusta causa (con le contestazioni per i furti e l’alterazione dei prodotti) 19 dei cinesi coinvolti e ancora alle loro dipendenze (18 operaie e un operaio). Una decisione contro la quale si sono mobilitati associazioni e sindacati (Adl Cobas in primis) attraverso manifestazioni di solidarietà e presidi di protesta contro un provvedimento considerato ingiustificato e discriminatorio nei confronti di cittadini immigrati e di sesso femminile. I prodotti attualmente in commercio hanno ripristinato gli standard di qualità di prima.