«Ho accolto 18 profughi, sono come dei figli»

Rimini

RIMINI. Esperienze di vita vissuta che parlano di amicizia, di accoglienza, di amore per il prossimo e per se stessi: il vescovo di Rimini ha scelto di mostrare la strada per avvicinarsi a Cristo attraverso chi questa strada l’ha già intrapresa, genitori e figli come quelli che ieri pomeriggio hanno riempito il Duomo, per il primo dei quattro incontri con le famiglie dei cresimandi. Un migliaio di genitori riuniti per ascoltare non solo le parole di Lambiasi ma anche quelle di genitori come loro, testimonianze di una fede che si fa realtà nei gesti quotidiani, mentre i loro figli, 550 ragazzi, in sala Manzoni iniziavano il loro percorso spirituale verso la Cresima affrontando il tema dell’amicizia.

«Non avrei mai pensato di potere accogliere 18 giovani profughi, non pensavo ne avrei avuto la capacità». Eppure Elisa Marchioni, insegnante, madre e moglie, ex assessore e deputato del Pd, da circa un anno accoglie in due strutture questi giovani «che non hanno più niente, né una casa dove tornare, né parenti che li aspettano». Una testimonianza di amicizia, non solo di aiuto, quella che Elisa ha condiviso ieri in Duomo. «Quando sono arrivati avevano solo un sacchetto, lì dentro tutta la loro vita. Per giorni non hanno dormito nei letti, rimanevano vestiti, non riuscivano a tranquillizzarsi dopo la tremenda esperienza dei barconi. Ammetto che è stato difficile stare loro vicino, ma la gioia che dà l’incontro con il loro sguardo, aiutarli ad affrontare una nuova vita... quasi come avere 18 figli».

«Tu ce le hai le mani, solo che sono in basso», disse un giorno una bambina di dieci anni a Simona Atzori, ballerina senza braccia, testimone di come l’amore «per me stessa prima di tutto e quello ricevuto dagli altri» possa abbattere le barriere. «Avrei potuto avere una grande scusa ma non l’ho mai usata» sottolinea Simona riferendosi alla sua disabilità. Gesticola con i piedi, scrive, mangia, beve con quelle seconde mani e balla «perché mi sento libera».

Stefano prima di arrivare ad essere padre e marito ha smesso di credere. «La paura della morte, da giovane, mi ha allontanato dalla fede, ho sbagliato strada, droga, tanti peccati, ma dopo la morte di mio padre ho capito che non potevo più scappare e mi sono riavvicinato alla Chiesa grazie a degli amici. Il mio - ha testimoniato - è un percorso stupendo, Gesù non mi ha permesso di distruggere la mia vita».

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