Falsa sentenza, indagati due avvocati

Rimini

RIMINI. Un'avvocatessa riminese rischia di essere processata con l'accusa di falso materiale in atto pubblico: è sospettata di aver fabbricato una sentenza fasulla per favorire una cliente dello studio.

 

Con il documento si sarebbe voluta ingannare una banca romagnola riguardo alla posizione creditizia della assistita, inserita nell’archivio Crif, come soggetto “cattivo pagatore”.

Nei giorni scorsi alla professionista è stato notificato l’avviso di conclusione delle indagini, preludio di una probabile richiesta di rinvio a giudizio. La professionista, però, respinge l’addebito ed è convinta di poter dimostrare la propria estraneità alla vicenda. Di certo c’è che l’atto falso è stato inviato via fax dal suo ufficio all’istituto di credito, accompagnato da una pagina di intestazione a nome dei legali che vi lavorano. Il primo a essere coinvolto nell’inchiesta era stato un familiare dell’avvocatessa, co-titolare dello studio. Dalle indagini, però, è risultato che nel giorno della spedizione del documento si trovava altrove in vacanza. Nei confronti del secondo avvocato sarebbe già stata avanzata una richiesta di archiviazione. Nel fascicolo riminese, invece, non c’è più traccia della cliente, indagata però a Ravenna, sede centrale dell’istituto di credito che si era cercato di trarre in inganno, per la stesso episodio.

A denunciare qualcosa di poco chiaro, nel febbraio 2012, era stata per prima la stessa banca. La sentenza arrivata via fax, che disponeva la cancellazione della cliente dello studio legale dall’elenco dei cattivi pagatori, appariva incompleta. Le verifiche portarono ad accertare che l’atto, a “firma” di un giudice onorario, era inesistente. Né era mai stato proposto un ricorso da parte degli avvocati, sebbene l’uomo fosse davvero il legale di riferimento della “ricorrente”.

I carabinieri, nei mesi scorsi, hanno perquisito lo studio legale, ma non hanno trovato traccia dell’originale. La sentenza taroccata, frutto di un copia-incolla, si è trasformata in un mistero sul quale il pm Gemma Gualdi prova a far luce. Entrambi i titolari dello studio hanno sostenuto di non sapere niente né della fabbricazione dell’atto falso, né della spedizione via fax. Come persona informata sui fatti è stato ascoltato dagli inquirenti anche un praticante che all’epoca dei fatti frequentava l’ufficio.

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