Minacciato dagli altri detenuti: «Temo per la mia vita»

Rimini

RIMINI. Il primo processo - sommario - nel quale Edson “Eddy” Jorge Tavares Lopes, il 29enne capoverdiano accusato di aver sfregiato con l’acido la propria fidanzata, è stato già condannato è quello del carcere in ossequio al codice d’onore che non tollera la violenza verso donne e bambini. Giudicato con ignominia, fin dal suo ingresso, è stato accolto dagli altri compagni di sventura con grida di scherno e di minaccia. Non solo al suo passaggio, ma anche quando, in una cella di isolamento e in preda a una rabbia cieca che lo avrebbe indotto a sfogarsi con i pochi arredi a disposizione (ha buttato per terra la tv), stentava a prendere sonno. Dalle altre celle si sarebbe levato un coretto di “Gessica, Gessica”, alternato ad allusioni sessuali su quello che sarebbe potuto capitare a lui, una volta a contatto con gli altri detenuti. Una situazione che ha finito per spaventare il detenuto che ha espresso i suoi timori ed è stato a quel punto immediatamente trasferito nel carcere di Forlì, dove perarltro, continua il suo regime di isolamento a sua stessa protezione.

Va ricordato che l’uomo, sebbene il quadro indiziario nei suoi confronti sia abbastanza delineato a parere dello stesso giudice Vinicio Cantarini che ha convalidato il fermo, indagato continua a professarsi innocente. Giova ripetere che siamo ancora nella fase iniziali delle indagini e che la presunzione di innocenza vale anche per lui. Su “Eddy” pesa come un macigno la testimonianza della parte offesa, che si dice certa di averlo riconosciuto mentre le gettava addosso il contenuto di una bottiglietta, la mancanza di un alibi credibile, e il movente della gelosia verso il rivale, alimentato da mesi di condotte persecutorie. In attesa delle eventuali conferme dalle analisi di laboratorio sul guanto da operaio utilizzato dallo sfregiatore e dalle videocamere degli impianti di videosorveglianza, però, l’accusato va ovviamente tenuto al riparo da eventuali tentativi di giustizia sommaria, frutto di una sottocultura carceraria. Un’antica legge evidentemente sempre in vigore tra i detenuti. Edson Tavares continuerà in ogni caso a essere sottoposto a una vigilanza continua capace di proteggerlo non solo dagli altri, ma anche da se stesso e da un eventuale senso di colpa (in passato avrebbe compiuto e minacciato atti di autolesionismo). Nel frattempo la giustizia, quella vera, farà il suo corso. (a.r.)

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