Appello per il ristorante "C'era una volta"

Rimini

RIMINI. «Dopo quasi mezzo secolo non lascerò morire la mia creatura». Flavio Buda, storico titolare del locale “C’era una volta” ai piedi delle colline di Covignano sulla Consolare di San Marino, che per decenni ha ospitato personaggi come Giulio Andreotti, Federico Fellini, Vasco Rossi, Giorgio Gaber, Sophia Loren, Enrico Berlinguer, lancia un appello «ai giovani ristoratori riminesi che vogliono impegnarsi in questa meravigliosa avventura e trasformare questo posto in un luogo di ritrovo alternativo alle discoteche».

Lui, Buda, 73 anni, dice di «non avere più l’età», eppure da settembre, da quando il ristorante-pizzeria-birreria artigianale ha chiuso dopo 45 anni i suoi 3.500 metri quadri tra interni ed esterni, con centinaia di coperti, è partito con «una ristrutturazione da quasi 100mila euro» e con l’obiettivo di «dare nuovo smalto e trovare dei giovani pronti a fare continuare l’attività».

Il passaggio di mano, Buda lo aveva fatto già nel 1996, dando il locale aperto nel 1972 in gestione per la prima volta: lui era partito per Boston, dove aveva aperto un lussuoso locale e gli affari andavano bene, «ma il tentativo di trasferire tutta la famiglia oltreoceano non andò altrettanto bene e quindi decisi di mollare tutto e tornare in Italia».

A Rimini era ripartito con l’Accademia della Buona Tavola di Romagna: Flavio Buda aveva aperto una scuola di cucina romagnola contemporanea, che insegnava la storia, la pratica, la tecnica e il gusto delle cose buone fatte in casa e nei migliori ristoranti, per aggiornarsi e per certificarsi.

La passione per l’estero però l’aveva nel sangue, la moglie inglese e la giovinezza trascorsa a farsi le ossa nei locali in Europa lo avevano portato in seguito sempre negli Stati Uniti, dove aveva insegnato alle grandi catene alberghiere come cucinare il made in Italy e soprattutto le prelibatezze romagnole. Il ristoratore riminese aveva percorso Florida, California, Texas: arrivava assieme ai suoi fidati uomini e spiegava i sapori romagnoli e dopo 30 giorni di addestramento tornava in Italia per poi riandare in America a distanza di qualche mese e vedere se gli insegnamenti erano stati recepiti. Con l’Italia è quindi cominciato un viavai che alla fine lo ha riportato in pianta stabile a Rimini, dove Buda ancora una volta era stato accarezzato da un’ulteriore idea. Ovvero: fare conoscere la cucina di Rimini nell’Europa dell’Est: «altra zona “vergine”», l’aveva definita Buda, che era certo che a «Mosca e dintorni i prodotti romagnoli riuscirebbero a sfondare nel mercato già molto competitivo della ristorazione».

Eppure, nonostante i viaggi nel mondo e le avventure imprenditoriali, l’amore per “C’era una volta” non lo ha mai lasciato: «E’ una mia creazione - continua Buda - mi avevano offerto quasi due milioni di euro per venderlo, ma avevo rifiutato. Ora basterebbe un gruppo di giovani per fare decollare un progetto favoloso e io sarei pronto a venire incontro e accompagnare i nuovi gestori».

Le offerte negli ultimi mesi non sono mancate, ma Buda ha declinato: «Il più delle volte non erano progetti solidi, non erano persone che avrebbero potuto seguire il locale». Ci vogliono le spalle larghe, infatti: «Spazi ampi, centinaia di posti, una brigata che a pieno regime necessita di quindici, venti persone», spiega il ristoratore, «il lavoro è tanto e le soddisfazioni non mancano: se avessi qualche anno in meno mi butterei di nuovo a capofitto in questa avventura».

Ecco perché il suo appello è rivolto ai giovani «sarebbe l’ideale: vorrei che imprenditori capaci lo trasformassero in un luogo di ritrovo per i ragazzi, un punto di incontro con musica dal vivo e ristorazione». Una scelta, questa del titolare, che nasce «dai miei sette nipoti, sono stati loro a ispirarmi e farmi capire che questi luoghi, alternativi al divertimento che offre la discoteca, non sono tanti». E chi raccoglierà il testimone, conclude Buda, «di sicuro dovrà dare anima e corpo e impegnarsi tanto. Ma davanti a sé avrà un altro mezzo secolo di gioie e successi».

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