Magistrato riminese finisce "sotto scorta"

Rimini

RIMINI. Una pioggia di insulti, insinuazioni e minacce neppure troppo velate ha travolto un pubblico ministero di Rimini, Paola Bonetti, già adesso sotto sorveglianza da parte delle forze dell’ordine. Una speciale protezione “rafforzata”, e finora piuttosto discreta, a tutela della sua incolumità personale che però non è ritenuta sufficiente a limitare il rischio. Ben presto, infatti, il magistrato potrebbe finire ufficialmente sotto scorta. Pareri favorevoli per l’assegnazione sono arrivati al termine dell’ultima riunione tecnica di coordinamento del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica presieduto dal prefetto Giuseppa “Peg” Strano Materia, alle quale hanno partecipato i vertici della questura e delle altre forze dell’ordine del territorio. E’ stata completata l’opera di raccolta e analisi preliminare delle informazioni sulla situazione di rischio (da Digos e Arma) e, sulla base delle valutazioni espresse nel corso della riunione, il prefetto ha formulato all’Ufficio centrale per la sicurezza personale (Ucis), proposte motivate sull’adozione di più adeguate misure di protezione da Roma. Il magistrato riminese Paola Bonetti, nelle ultime settimane, è finita nel mirino di gruppi della sinistra antagonista in quanto titolare dell’inchiesta che aveva portato all’arresto di cinque giovani per una vecchia rissa con ragazzi di destra. Il pm, che si era limitata a coordinare l’inchiesta dei carabinieri e a richiedere l’ordinanza di custodia (poi annullata dal Riesame) firmata dal Gip, è stata pubblicamente additata come una sorta di “nemico del popolo” attraverso slogan minacciosi e di nefasta memoria, volantini delegittimanti, tam tam sul web, e scritte sui muri cittadini. Un attacco frontale per alimentare la tesi della persecuzione politica e della parzialità del magistrato, insinuazione infamante e falsa come testimonia la lunga e onorata carriera del coraggioso sostituto procuratore donna (è lei, tra l’altro, che ha sostenuto l’accusa contro lo skinhead, coinvolto nella medesima rissa, e già condannato per tentato omicidio). Durante la manifestazione pubblica di solidarietà nei confronti degli indagati di sinistra le sono state attribuite parentele e simpatie politiche “personalizzando” oltre ogni misura la legittima critica agli eccessi cautelari dell’inchiesta. Su internet, poi, c’è anche chi ha rincarato la dose. Un crescendo di ostilità e intolleranza che ha indotto le autorità a correre ai ripari. Dalla violenza verbale qualche facinoroso potrebbe passare a quella fisica. Quanto alle scritte sui muri cittadini ci sarebbe quasi da sorridere nel vedere paragonati i soggetti dell’inchiesta riminese con chi al confino a Ventotene c’è stato davvero (come Sandro Pertini, Altiero Spinelli e Giorgio Amendola). E’ intollerabile però che nessuno abbia ancora provveduto a cancellarle, ed è insolito che non si sia levata una sola parola di solidarietà dai politici o dalle rappresentanze dei magistrati. L’esperienza insegna che stringersi moralmente attorno a un “bersaglio” è più efficace di una scorta armata.

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