Notti insonni sui social: i ragazzini sono stanchi e poi non vanno a scuola

Rimini

RIMINI. Nell’era del digitale occorre disintossicarsi dal digitale. Sembra un paradosso ma, con alcuni piccoli accorgimenti, il cosiddetto “digital detox” è possibile e soprattutto salutare. Mediamente, chi svolge un lavoro strettamente legato all’uso del computer, passa due ore al giorno tra il tempo speso per aprire e rispondere alle e-mail e quello per controllare messaggi e notifiche dei social network. Tempo spesso sottratto alle relazioni interpersonali. Se poi la mancanza di “campo” o il cellulare che si sta per scaricare fanno rasentare la crisi di nervi è il segnale che bisogna darci un taglio. Ciò non significa eliminare completamente qualsiasi tipo di supporto elettronico ma come in tutte le cose l’importante è raggiungere l’equilibrio. In questo caso, imparando a dosare l’uso di computer, tablet e smartphone. Supporti dei quali molte persone non riescono a fare a meno e la cui astinenza rischia spesso di sfociare in vere e proprie patologie.
Anche il Sert ha seguito ultimamente una decina di casi. «Spesso - spiega la responsabile Daniela Casalboni - la tecnologia diventa un rifugio per persone che hanno dei problemi. Con social network o l’uso eccessivo di telefonini e computer abbandonando le relazioni umane che forse erano carenti anche prima. Da noi sono venuti i familiari di adolescenti che saltavano addirittura la scuola perché la notte restavano costantemente “connessi” e la mattina erano stanchi per svolgere qualsiasi attività. La tecnologia in questi casi diventa una scorciatoia per fuggire dal mondo reale, vissuto quasi fosse una minaccia».
Quando i giovani si rivolgono al Sert, quasi sempre su spinta delle famiglie, la prima cosa che gli operatori cercano di capire sono i problemi e la storia della persona e partire da lì. «La cura - chiude Casalboni - non è eliminare completamente i supporti digitali ma diminuire significativamente il tempo dedicato on-line piuttosto che alla vita reale».
Uscirne si può. Di digital detox parlerà il consulente di marketing Alessio Carciofi, relatore all’edizione 2016 di “Be-Wizard” in programma oggi e domani al Palacongressi. «Il digital detox - spiega l’esperto - è un metodo di gestione del tempo che serve ad aumentare la produttività aziendale e aumenta la felicità personale ed interpersonale. L’importante è lavorare sull’equilibrio; non si può mettere una persona nel bosco alcuni giorni e poi riportarla alla vita di tutti i giorni perché sarebbe malsano e controproducente. Il metodo è di inclusione e non di esclusione. Non rinnego il digitale, perché ci lavoro, ma diventare dipendenti è un rischio concreto».
Carciofi, che si occupa principalmente di business e pubbliche amministrazioni, suggerisce alcune buone pratiche che tutti possono adottare: «Il primo consiglio che mi sento di dare è di non tenere lo smartphone sul comodino e di non usarlo come sveglia, così da non cadere in tentazione di leggere mail o notifiche. Dormire con il telefono vicino inficia la qualità del sonno e può creare insonnia».
Seconda regola: «Non mangiare col telefono sul tavolo. In America si sta cercando di eliminare questa abitudine con la diffusione di un “gioco”: se si è a cena in compagnia chi tira fuori il cellulare per primo paga il conto. Spesso ci perdiamo dei momenti importanti perché siamo troppo presi a guardare il telefonino. Si creano vere e proprie patologie quando ad esempio non riusciamo a essere collegati o ci troviamo in un posto dove il telefono non prende. Ci sono persone che vengono prese da ansia, crisi di panico e disordini mentali. Al policlinico Gemelli esiste un reparto dove le persone si vanno a disintossicare da questo tipo di dipendenze che rischiano di farci perdere il contatto con la vita reale».
Terzo e ultimo consiglio: «Togliere le notifiche dai social, specie se si lavora o si sta con i propri figli o con gli amici. Poi per cosa? Per guardare quanti “like” mettono a un nostro post? Le distrazioni digitali spesso riducono la nostra produttività e non ci fanno godere quello che stiamo vivendo».

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