Il dovere delle distanze

Rimini

C’è un problema di violenza nella politica riminese e settimana dopo settimana sembra aggravarsi sempre di più. Nel 2016 è tornato normale picchiare qualcuno in nome dei valori dell’antifascismo.

C’è una frangia di facinorosi che fa politica nella convinzione di una superiorità morale che darebbe diritto a sostituirsi allo Stato nell’esercitare l’uso legittimo della forza. Gli altri manifestano idee sbagliate? Ho il dovere di menare le mani o prenderli a bastonate. I poliziotti? Tutti fascisti e fa niente se vengono feriti a botte oppure a morsi. E i giornalisti? Fascisti pure loro e servi del potere, soprattutto, che come minimo vanno brutalmente insultati e messi alla berlina.

Sono idee non solo malate ma anche parecchio pericolose da cui farebbero bene a prendere le distanze in maniera pubblica e radicale tutti coloro che si candidano a guidare Rimini per i prossimi cinque anni.

Ci si domanda, per esempio, se sia stato opportuno da parte del Comune di Rimini decidere di assegnare, con un bando che è parso cucito su misura, una casa occupata abusivamente agli stessi che vi erano entrati illegalmente.

Ci si chiede per quanto tempo ancora l’Associazione nazionale partigiani d’Italia (Anpi), legittima custode e testimone della lotta al fascismo, non prenderà le distanze in maniera netta e categorica da chi al ragionamento e al confronto delle opinioni preferisce catene e spranghe.

Ci s’interroga, infine, sul perché una fetta significativa degli intellettuali riminesi, motore essenziale della società civile, stenti ancora nel condannare i violenti senza se e senza ma. Un’esplicita riprovazione, forse, farebbe riflettere qualche testa eccessivamente calda che agisce nella convinzione delirante di perseguire un bene collettivo superiore e più ampio rispetto al recinto della democrazia. Forse.

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