In volo nei cieli di Rimini come i narcos: droga nell'aereo

Rimini

RIMINI. Le vie della droga sono infinite. Così mentre tutti si concentrano sulle rotte terrestri, i trafficanti della riviera, ispirati dalle imprese dei narcos del Sud America, scelgono l’aereo per trasportare la marijuana, coltivata in proprio dall’altra parte dell’Adriatico. L’“erba”, a chili, vola sulle nostre teste: una rete di contatti tra l’Italia e l’Albania e l’incoscienza di un pilota a bordo di un velivolo ultraleggero fai-da-te garantiscono il buon esito di operazioni capaci di fruttare almeno 200mila euro a viaggio.

Stavolta però qualcosa è andato storto: l’indagine della Direzione distrettuale antimafia di Bologna e della procura di Rimini (pm Davide Ercolani) ha consentito ai carabinieri di Riccione di individuare e sgominare un’associazione per delinquere finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti. Nove persone sono finite in manette in Italia (sette fermi e due arresti in flagranza), altre sei (tra le quali un funzionario di polizia di Valona) sono state arrestate in Albania nell’operazione “gemella” condotta sulla base delle informazioni raccolte in Romagna e con l’ausilio di una serie di agenti locali infiltrati.

Un’intera famiglia albanese (fratelli, cugini e un paio di amici) ha messo in piedi un business di tutto rispetto a partire da un paio di idee “imprenditoriali”, criminali sì, ma di tutto rispetto quanto a risultati. Là in Albania, in particolare i fratelli Vilson e Sokol Lamaj, avevano la disponibilità di piantagioni di marijuana di buona qualità (le piante crescevano rigogliose grazie ai semi e agli attrezzi made in Italy) curate da coltivatori di loro fiducia e da altri “riuniti” in cooperativa quando c’era da raccogliere e predisporre un rifornimento per il Bel Paese. Agli “agricoltori” veniva promessa e corrisposta una percentuale sui guadagni. In Italia la “famiglia”, secondo gli investigatori, poteva contare su una rete di contatti che garantiva lo smercio anche di grossi quantitativi di “erba” senza troppi problemi in zone ad alto consumo come la riviera romagnola e il litorale romano. In realtà l’organizzazione non aveva bisogno neppure di troppa manovalanza: qualche parente connazionale fidato (a loro era affidato anche il recupero crediti fatto spesso con violenza, tanto da convincere i malcapitati a non sporgere denuncia) e qualche italiano della zona per custodire le piantagioni, o depositi locali, individuate nelle campagne di Verucchio, Borghi e Novafeltria (complessivamente nel corso dell’operazione sono stati sequestrati tre quintali e mezzo di marijuana). Il fatto che l’impresa fosse tutto sommato familiare la rendeva anche piuttosto impermeabile alle investigazioni. I coinvolti stranieri sono tutti regolari in Italia, vivono con le famiglie da anni tra Rimini, Savignano sul Rubicone, San Mauro Mare e lavorano saltuariamente soprattutto nell’edilizia (uno lavora in un’officina, un paio fanno gli imbianchini). A rendere il gruppo unico nel suo genere è però la modalità scelta per importare i grossi quantitativi di droga dall’Albania: l’utilizzo di un aereo ultraleggero, per la gran parte del tempo smontato e “parcheggiato” in un garage a Medrina di Borghi, nel Cesenate. Lunedì scorso i carabinieri hanno capito che qualcosa si stava muovendo quando un carro attrezzi ha raggiunto il piccolo hangar improvvisato e ha caricato la carlinga del velivolo a bordo. Direzione Poggio Torriana. Due viaggi (il secondo per le ali) e infine, sulla pista di volo tra i monti l’assemblaggio dell’aereo. Va bene il coraggio, ma attraversare il mare con un trabiccolo del genere è un rischio troppo grosso. E infatti si è scoperto che il pilota, Vilson Lamaj (il più intraprendente dei fratelli), aveva previsto una tappa nel suo piano di volo. La pista dismessa di Costa Merlata vicino a Ostuni (Brindisi). Dalla Puglia il viaggio è breve: un’ora e mezzo di volo. Il tempo di salutare gli amici della piantagione, caricare 128 chili di marijuana su due borsoni e di ripartire. Il tutto senza bisogno di autorizzazioni e con un brevetto fantasma, alla faccia della sicurezza. Al ritorno però Vilson ha trovato ad attenderlo in carabinieri. In manette è finito con lui anche un napoletano di 32 anni che lo aspettava al volante di un furgone per prendere in consegna la droga e trasferirla via terra in Romagna. Mentre i sette fermi sono stati effettuati in Romagna, infatti, i due arresti sono avvenuti in flagranza a Brindisi (le manette sono scattate al momento della consegna). Gli accusati sono difesi dagli avvocati Sonia Giulianelli e Giuliano Renzi. I carabinieri di Riccione hanno tagliato le ali all’“erba”, ma ancora sono parecchi quelli che rischiano di finire travolti dalla prospettiva di guadagni facili piovuti dal cielo: un’idea che Vilson e i suoi fratelli avevano rubato ai narcos.

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui