«Non pilotavo le partite della squadra. Chiedo scusa per le mie millanterie»

Rimini

RIMINI. Sbattuto in prima pagina come l’artefice delle partite combinate e pubblicamente scaricato dal Santarcangelo, Daniele Ciardi, l’ex magazziniere della società - arrestato il 19 maggio nell’ambito dell’inchiesta “Dirty soccer” e poi subito ai domiciliari e quindi libero - senza più un lavoro e alle prese con un processo penale e sportivo vuole dire la sua. Lo fa nello studio dell’avvocato difensore Luca Greco. «Non pilotavo le partite del Santarcangelo e, per quello che ne so, non credo neppure che lo fossero. Non ho mai scommesso sulle nostre partite, non ho preso dei soldi, non ho contattato i giocatori, le vere vittime di tutta questa storia. Al telefono le mie erano semplici millanterie. Davo delle dritte a un amico di lunga data come Di Nicola (il presidente dell’Aquila co-indagato), ma soltanto sulla base dello stato di forma e degli umori dello spogliatoio. Il perché? Dal rapporto con lui speravo di poter crescere lavorativamente: mi aveva promesso di inquadrarmi nella sua società come collaboratore del suo direttore sportivo». Ciardi ammette di avere sbagliato a buttare là delle mezze frasi, a lasciare intendere di poter fare quello che non aveva la possibilità, né l’intenzione di fare. E il vizietto delle scommesse? «Non sapevo che mi fosse vietato, non ero tesserato, ma ho scoperto solo dall’inchiesta che per il mio ruolo ero equiparato a un tesserato e soggetto agli stessi divieti». Fin dal primo giorno avrebbe voluto spiegare agli amici e conoscenti del suo ambiente che lo hanno apprezzato per la serietà dimostrata per venticinque anni da giocatore sui migliori campi dilettantistici che non è “sporco”. Sceglie di farlo adesso per due ragioni: da una parte l’ultimo filone dell’inchiesta (con le partite Gubbio-Santarcangelo e Santarcangelo- Ascoli) non lo vede coinvolto nelle presunte “combine”, dall’altra l’esigenza di rispondere alla dirigenza del Santarcangelo che lo indica come il “colpevole”. «Le ultime intercettazioni - sottolinea l’avvocato Greco - dimostrano che non c’era bisogno di Ciardi per tentare di avvicinare i calciatori del Santarcangelo». Quanto al presidente e alla società, Ciardi parla da uomo ferito. Se lo avevano ingaggiato, ben sapendo che era incline alle scommesse sportive e aveva addirittura lavorato in un’agenzia, dovevano avere davvero fiducia nelle sue doti morali. «Invece per me non c’è stato il beneficio del dubbio. Attorno ai calciatori, come ad esempio Nardi, e giustamente aggiungo, il Santarcangelo ha fatto quadrato, mentre nessuno ha avuto una parola per me, come se fossi già stato giudicato colpevole. Neppure una telefonata di solidarietà, almeno in privato». Rivela di aver addirittura invitato qualcuno in società a vigilare sulle regolarità delle ultime partite «perché il calcio, si sa, è sporco, ma non perché avessi particolari sospetti o informazioni». «Non avrei mai pensato di trovarmi in posizione di conflitto con il Santarcangelo: al momento dell’arresto mi ero addirittura rivolto all’avvocato della società». Un messaggio, stavolta esplicito, lo manda, infine, ai calciatori che ha messo indirettamente nei guai con le sue “millanterie” telefoniche. «Mi dispiace tanto. A chi ho potuto, come Obeng - un ragazzo al di sopra di ogni sospetto -, ho chiesto scusa di persona, agli altri lo faccio pubblicamente».

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