Spaccio di cocaina al Coconuts: il questore lo chiude per un mese

Rimini

RIMINI. «Farai una brutta fine, non sai cosa ti accadrà, mio zio fa lo sbirro a Rimini e mi ha riferito tutto ciò che hai detto in caserma». La denuncia di un “acquirente” riminese, minacciato per un debito di droga, ha messo i poliziotti sulle tracce su diversi filoni di un ampio giro di spaccio che ieri ha portato all’arresto di dodici persone, quattro delle quali ai domiciliari (per altre tre è stato disposto il divieto di dimora). Nel corso delle operazioni di riscontro è stato sequestrato un chilo di cocaina, si è scoperto un canale di approvvigionamento con l’Olanda, uno smercio di banconote false con il coinvolgimento di due ristoratori di San Marino, e si è puntato il dito su uno dei “luoghi privilegiati” per l’attività di spaccio, il Coconuts, locale principe della movida riminese. Secondo gli investigatori i titolari (l’amministratore e il gestore di fatto, fratelli tra loro) avrebbero consentito ad alcuni “pusher” albanesi di loro fiducia di vendere la droga tra i tavoli e, attraverso un’opera di intermediazione, avrebbero permesso ai clienti di consumare cocaina all’interno (nell’inchiesta è coinvolto anche un giovane barista). Ordinare una “bottiglia” al tavolo, in qualche caso, significava probabilmente richiedere e ottenere dell’altro. L’impostazione accusatoria sulle “responsabilità” del locale non è stata condivisa dal Gip Fiorella Casadei che ha rigettato la richiesta di sequestro del locale avanzata dalla procura e ritenuto non sufficientemente grave il quadro indiziario in riferimento all’ipotesi di aver “favorito” lo spaccio: Fabio Paesani è così finito agli arresti domiciliari per la sua presunta attività di intermediazione tra gli spacciatori e gli acquirenti, mentre Lucio Paesani, amministratore unico del Coconuts, presidente del Consorzio del Porto, organizzatore della Molo Street parade, è semplicemente indagato a piede libero (complessivamente sono 41 le persone coinvolte nell’inchiesta). Secondo i calcoli della polizia, ha spiegato il vice questore aggiunto Nicola Vitale in conferenza stampa, «in una sola notte all’interno del Coconuts si arrivava a vendere fino a un chilo e mezzo di cocaina».

Dove non si è spinto il giudice penale, però, è arrivata la divisione amministrativa della polizia di Stato: sulla base della loro relazione il questore Maurizio Improta ha disposto la chiusura del Coconuts, a tutela della sicurezza e della salute, per i prossimi trenta giorni. Va chiarito però che la misura della sospensione temporanea della licenza avviene ai sensi dell’articolo 100 del Tulps (Testo unico leggi di pubblica sicurezza) e ha natura cautelare e non sanzionatoria, prescinde cioè da valutazioni sull’esercente o sulla proprietà. Non ha perciò attinenza diretta con l’inchiesta - denominata Titano, perché il primo spacciatore individuato risiede a San Marino - della Squadra mobile di Rimini, coordinata dal pm Paolo Gengarelli. I fatti si riferiscono al 2013. Al di là della documentata attività di spaccio al minuto nel locale del lungomare, gli investigatori hanno documentato, a partire dai collegamenti tra i vari spacciatori e consumatori, un flusso di droga dall’Olanda. Complessivamente resta ancora da eseguire una quindicina di misure di custodia cautelare, sono sfuggiti alla cattura anche dei cittadini sammarinesi. In manette ad Agrigento è finito invece Emanuele Scarpato, all’epoca dei fatti co-gestore di un ristorante sul Titano: avrebbe detenuto 233 banconote da 100 euro false, per un totale di 23mila euro, ed era pronto a metterle a disposizione di un amico albanese per l’acquisto di una partita di droga dall’estero.

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