La beffa di "Casa Madiba"

Rimini

RIMINI. L’avevano appena detto i ragazzi del Paz: non ci fermerete, avete sgomberato Casa Madiba e noi occuperemo ancora, sempre di più. Nessuno si immaginava però che dal corteo «gioioso» dei centocinquanta, scortato dalle forze dell’ordine, uscisse un avamposto per andare a prendere possesso di una villetta in via Ceccarelli. Dopo lo sgombero di Casa Madiba, Casa Madiba rilancia subito occupando “Villa Ricci”, «da anni lasciata vuota dal Comune». Immediato (ieri sera) il proclama sulla pagina Facebook di Casa Madiba: «Abbiamo occupato un immobile a scopo abitativo per dare alloggio alle venti persone che da mercoledì sono rimaste senza casa».

Il fatto. Nei giorni scorsi sono stati sgomberati due immobili occupati dal Laboratorio Paz. La bandiera di Casa Madiba sventolava in cima all’ex sede dei vigili del fuoco (proprietà pubblica) e dell’ex Enel (privata): in via Dario Campana. Soprattutto il primo, occupato da tempo, era diventato un punto di riferimento per una ventina di persone rimaste senza casa. Dopo lo sgombero, gli occupanti mercoledì hanno manifestato in piazza Cavour e nel tentativo di piazzare un materasso davanti al portone del Comune, si sono scontrati con le forze dell’ordine. Poi l’invasione in consiglio comunale e il faccia a faccia con il sindaco Andrea Gnassi. Fino al corteo di ieri pomeriggio: partenza dal piazzale della stazione, poi giù per Borgo Marina, via Cavalieri, via Ducale, corso d’Augusto e piazza Cavour. In via Ducale c’è l’assessorato ai servizi sociali e i manifestanti hanno acceso fumogeni e attaccati ai muri manifesti di protesta.

La questione ha anche aperto una ferita in maggioranza, con il Prc che mercoledì riunisce un comitato politico per decidere se restare oppure no in giunta. In caso negativo l’assessore Sara Visintin si dovrà dimettere. Più che sgombero sì o sgombero no, la forza politica chiederà al primo cittadino di rendere inutile occupare, dando risposte abitative.

Non finisce qua. Gli esponenti di “Casa Madiba” si danno dunque appuntamento nel piazzale della stazione, piove e qualcuno distribuisce mantelline di plastica. Il tandem trasformato in discoteca viaggiante, spara musica reggae e dal microfono partono i primi proclami della rivoluzione.

«Infrangere leggi ingiuste è doveroso». E’ il messaggio che di fatto apre il corteo. I concetti che seguono sono ampiamente noti e più volte spiegati in questi giorni di protesta. La crisi ha gettato le persone sulla strada, i «padroni si arricchiscono sulle spalle della gente». Lo striscione che apre il serpentone ricorda uno slogan che riassume tutto: «Ogni sgombero è una ferita per la città».

Lo sgombero dei due immobili di Casa Madiba viene più volte stigmatizzato. «E’ un fatto gravissimo. Due spazi che avevano dato una possibilità a persone senza dimora, che avevano deciso di alzare la testa. Invece si devono accontentare delle briciole della Caritas. In questa città si preferisce fare l’occhiolino a padroni sempre più famelici».

A mano a mano che il corteo scortato da decine di divise, il tono delle parole aumenta. «I due sgomberi non ci fanno paura, ne possiamo occupare altri due di immobili e molti di più», perchè «non c’è alternativa alla strada se non lottare per i propri diritti» e «Casa Madiba non si può sgomberare, torneremo ancora più forti». Nessuno immaginava, però, che sarebbe successo pochi minuti dopo.

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