Ridolfi nega tutto e va a casa. Di Lauro collaborerà

Rimini

 

RIMINI. «Adesso posso vedere mia mamma?». L’interrogatorio di Giacomo Ridolfi, il ventunenne pesarese in forza al Santarcangelo, fa venire il dubbio che il polverone sollevato dall’inchiesta catanzarese sul calcioscommesse possa rivelarsi quantomeno eccessivo. Sbattuto in galera a venti anni come un criminale, senza possibilità di colloquio neppure con il difensore sulla base di intercettazioni indirette, il giovane calciatore, nelle intenzioni degli inquirenti, avrebbe dovuto vuotare il sacco e dare credito alle ipotesi investigative. Non è andata così. Il ragazzo, difeso dall’avvocato Mariani, scosso per l’esperienza traumatica, è caduto dalle nuvole. «Non solo non ho preso un euro, ma nessuno mi ha mai avvicinato per combinare una partita, né ho avuto sentore che possa essere accaduto qualcosa di strano sul campo». Davanti al gip pesarese Lorena Mussoni, il calciatore Ridolfi si è difeso in maniera accorata. «Non avrei mai accettato niente del genere: il mio obiettivo era mettermi in mostra giocando al meglio. Il più grande rammarico dell’intera stagione è stato quello di aver giocato poco». Una gara da titolare, più sei spezzoni di pochi minuti, uno in quel Grosseto-Santarcangelo finito nel mirino. Ridolfi, subentrato nella panchina sullo zero a zero a venti minuti dalla fine, ha ripercorso davanti al giudice l’azione dell’unico gol che determinò la vittoria dei toscani (risultato dato per cento dagli scommettitori). «Non sono entrato nell’azione che ha portato alla punizione, né in quella della rete avversaria: tra i miei compiti, per via della mia statura, non c’è quello di contrastare di testa gli attaccanti nella nostra area». Le scommesse? Ha ammesso di averne fatto qualcuna online ma solo su partite di basket e di pallavolo. Ridolfi non viveva in Romagna e dopo ogni allenamento tornava a dormire a Pesaro dalla mamma. Ha chiesto di lei anche dopo l’interrogatorio, mentre il legale si è opposta al fermo e ha fatto istanza per l’immediata scarcerazione (il Gip Mussoni gli ha concesso i domiciliari). Degli altri coinvolti, Ridolfi ha spiegato di conoscere ovviamente i compagni di squadra (Guidone, Obeng e Traorè saranno sentiti nelle prossime ore) e il magazziniere Daniele Ciardi, considerato la figura di collegamento tra lo “spogliatoio” e i vertici dell’associazione per delinquere finalizzata alla frode sportiva. Ciardi, difeso dall’avvocato Luca Greco, si è avvalso della facoltà di non rispondere davanti al gip di Venezia (era stato fermato nella città lagunare assieme al diesse dell’Aquila, Ercole Di Nicola). «Una scelta tecnica - spiega l’avvocato Greco - dettata dalla necessità di studiare le carte».

Anche il silenzio di Fabio Di Lauro, altra figura considerata di spicco dagli investigatori, è solo momentaneo. «Posso anticipare che il mio assistito - spiega l’avvocato Loredana Martino (codifensore è l’avvocato Elisa Pelaccia) - ha intenzione di collaborare con la procura di Catanzaro e chiederà di essere interrogato per raccontare tutto quello che sa». Le difficoltà economiche del commerciante Di Lauro mal si conciliano con il ruolo apicale che gli viene attribuito nell’ambito dell’organizzazione. A parlare è stato invece Erikson Aruci, il ventenne “intermediario” di origine albanese (ma di nazionalità italiana), difeso dall’avvocato Tiziana Casali. Sostiene di aver conosciuto Di Lauro in un’agenzia di scommesse e ammette di essersi proposto a cercare degli investitori: «Non ne ho trovato nessuno, e da questa storia non ho guadagnato (non partecipando non ho avuto alcuna dritta sulle partite) né rimesso niente, a parte un viaggio a Milano per andare a prendere uno straniero per conto di Di Lauro». Amica di Di Lauro è anche Ala Timosenco (difesa dall’avvocato Davide Grassi). La moldava “consulente d’immagine”. Accompagnava i turisti russi nel negozio di abbigliamento per bambini dell’amico e ha continuato a fargli altri favori. Per amicizia. «Ho fatto da interprete quando si è incontrato con degli stranieri che parlavano russo. Senza avere un euro». Ha scelto il silenzio davanti al gip riminese Vinicio Cantarini, anche Mauro Ulizio (difeso dall’avvocato Davide Grassi). Una volta valutate le carte anche lui potrà cercare di chiarire la sua posizione (il figlio Andrea è stato fermato a Cagliari). Gli avvocati Nicoletta Gagliani e Alessandro Pierotti difendono il riminese Massimo Cenni. Lui con le scommesse non c’entra, ma è accusato di sequestro di persona a scopo di estorsione per aver pestato un investitore albanese “colpevole” di non aver saldato un debito. Secondo la sua versione si sarebbe trattato solo di un’accesa discussione nel tentativo di recuperare un suo credito da cinquemila euro. Anche lui spera di essere stato convincente al punto di poter uscire subito dal carcere.

 

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