Palas, 7 nei guai per frode pubblica e truffa

Rimini

RIMINI. Frode nelle pubbliche forniture, truffa, violazione della normativa antisismica e falso ideologico. Sono gli addebiti per i quali rischiano di essere chiamati a rispondere, a vario titolo, sette persone accusate di aver “lucrato” su mano d’opera e materiali nella costruzione del Palazzo dei congressi. Nel realizzare la struttura, consegnata in ritardo rispetto al termine previsto proprio dopo che una denuncia aveva messo in rilievo i difetti, si sarebbe utilizzato dell’acciaio non certificato e si sarebbero piazzati meno pilastri di quelli previsti nel progetto, al punto di allontanarsi dai requisiti minimi di sicurezza (situazione poi sanata, con altri lavori supplementari). A trarre in inganno la committenza, secondo l’accusa, sarebbero stati - in concorso tra loro - il responsabile unico del procedimento; l’amministratore della ditta fornitrice dell’acciaio; due tra i responsabili del cantiere, uno dei quali rappresentante del consorzio appaltatore; il direttore delle opere strutturali. Nei guai rischia di finire anche il collaudatore che avrebbe attestato circostanze non conformi al vero. I fatti si riferiscono al 2010. La società Palazzo dei Congressi spa, interamente controllata da Rimini Fiera, si è costituita parte civile, con l’avvocato Sergio De Sio, nei confronti di tutti gli indagati. Era stata la stessa Rimini Fiera a nominare il “supervisore”, adesso sotto inchiesta, per vigilare sul rispetto degli adempimenti tecnici e amministrativi del “Palas” dal progetto fino alla consegna. A fronte di un appalto da circa 65 milioni di euro, la società alla fine avrebbe ricevuto un’opera di minore valore sia in relazione alla difformità rispetto al progetto - secondo quanto sostiene la procura - sia per la presenza di acciai non certificati, per il minor grado di sicurezza, e infine perché oggetto di ulteriori lavori. Il giudice dell’udienza preliminare deciderà il 2 luglio prossimo se processare o meno i sette coinvolti. L’udienza è “saltata” ieri per un difetto di notifica. Oltre agli avvocati riminesi Gian Paolo Colosimo e Federico Benzi, nella lista dei difensori figura anche l’avvocato Giulia Bongiorno, la nota penalista che seguì in passato Giulio Andreotti e più recentemente Raffaele Sollecito (delitto di Perugia).

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