«I miei ex giocatori mi chiedono aiuto per uscire dalla Libia»

Rimini

RIMINI. «In Libia c’è una situazione di terrore e una tensione altissima, i miei ex giocatori sono disperati e chiedono aiuto per uscire dal paese». Sono parole di Roberto Landi, l’allenatore riminese “giramondo” che ha portato la sua passione per il calcio in Georgia, Lituania, Romania, Qatar, Ungheria, Scozia, Liberia e anche a Tripoli dove, prima di essere costretto a fuggire per motivi di sicurezza, allenava l’Al Tirsana, squadra del massimo campionato libico. Landi è tornato dalla Libia un anno fa, quando la tensione già era alta a causa degli scontri tra i militari e le truppe di Al Qaeda, nel suo staff c’erano altri due romagnoli: il ravennate Urbano Lega e il riminese Paolo Succi. Landi, 59 anni, dopo aver lasciato la Libia ha sempre tenuto i contatti con i suoi ragazzi. Nei mesi scorsi è stato in Egitto al allenare una squadra di serie A e da novembre è tornato a Rimini.

In Romagna Landi è molto conosciuto essendo originario di Forlì, con un passato a Ravenna dove ha vissuto trent’anni (ha giocato dalle giovanili fino alla prima squadra negli anni Settanta e oggi fa parte di “Noi giallorossi”), poi ha scelto Rimini per amore nell’86. Qui ha allenato tre squadre: Marignanese, Ospedaletto e Morciano.

«Sono rientrato in Italia dalla Libia a gennaio 2014 - racconta Landi - ormai era impossibile restare, il presidente della società si è trasferito in Tunisia e chi ha potuto è andato via. Già un anno fa la situazione era critica e in giro c’era la presenza costante di una sorta di esercito composto da militari armati come Rambo». Analizzando la situazione attuale, Landi afferma: «Ormai a Tripoli le armi sono dappertutto, anche nelle famiglie, il problema è veramente grosso, a mio parere finché non si decidono a dar vita ad un intervento di smilitarizzazione con le forze internazionali la situazione sarà sempre di terrore. Occorrerebbe togliere le armi andando anche casa per casa. Ricordo che era diventato difficile persino pranzare tranquilli, andavo sempre in un posto frequentato dagli italiani ma ad un certo punto ho detto al titolare che avrei smesso di andarci perchè per me era difficile mangiare a fianco di persone che pranzavano con il mitra sul tavolo».

Ormai anche i pochi italiani rimasti stanno fuggendo dalla Libia. «E’ un peccato che si sia creata questa situazione - prosegue Landi - gli italiani in Libia ci sono sempre stati e devo dire che si stava anche bene, io sono stato anche Bengasi e siamo sempre stati tranquilli, in seguito alla morte di Gheddafi i problemi sono peggiorati e ora vedi eserciti armati ovunque. Molti italiani ci andavano addirittura in vacanza una volta, a Tripoli si incontravano personaggi come Agnelli e Sofia Loren, perchè la città era accogliente e molto bella. Con la fine della dittatura tutte le città si sono create un proprio esercito, con un proprio comandante e la situazione è degenerata. E adesso che in Libia c’è pure l’Isis, regna davvero il terrore. Chiamo ancora i miei ex giocatori ed è straziante sentirli piangere al telefono e implorarmi di aiutarli ad uscire dalla Libia per arrivare in Europa. Sono ragazzi che hanno poco più di vent’anni, che vivono nella paura che qualcuno gli possa sparare in qualsiasi momento, la tensione è altissima. Resto in contatto con loro – conclude Landi - li ho sentiti anche qualche giorno fa, sono disperati. L’Islam non è quello dell’Isis, è quello del Corano. I terroristi manipolano il Corano, religione di pace e non di guerra. Io ho sempre rispettato i momenti di preghiera dei ragazzi e non ho mai avuto problemi, ma quando la politica si mischia alla religione diventa una bomba atomica».

 

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