Circonvenzione d'incapace, prete a processo

Rimini

RIMINI. Circonvenzione d’incapace. E’ l’accusa con la quale sarà processato a partire dal 15 settembre prossimo un anziano sacerdote riminese accusato di aver convinto una centenaria benestante e senza figli, ma non più pienamente in sé, a compilare un testamento olografo in favore della Diocesi di Rimini.

 

Il parroco novantenne, che è difeso dall’avvocato Piero Venturi, è stato rinviato a giudizio ieri dal giudice dell’udienza preliminare del tribunale di Rimini, Vinicio Cantarini. Secondo l’accusa (titolare dell’inchiesta era il procuratore capo Paolo Giovagnoli) sarebbe stato proprio il prete a influenzare in qualche modo le ultime “volontà” della donna, messe nero su bianco all’insaputa della sorella beneficiaria di un vecchio testamento risalente al 1983, poi confermato nel 1998. Così alla Chiesa riminese sono finiti i tre appartamenti, in zona centrale, e i terreni appartenuti alla signora.

Dell’esistenza di un terzo testamento, la sorella è venuta a sapere solo due anni fa, alla morte della congiunta, e - insospettita dalla circostanza oltre che indispettita dalla scoperta - ha deciso di rivolgersi alla giustizia attraverso l’avvocato bolognese Alessandro Gamberini per chiarire la situazione. In parallelo con l’inchiesta penale la donna diseredata ha avviato anche un’azione civile a partire dall’impugnazione dell’atto contestato.

Durante le indagini è emerso che il sacerdote faceva regolare visita all’anziana per somministrarle la comunione e che in più occasioni la donna aveva espresso l’intenzione di lasciare i suoi beni alla Chiesa. Secondo la difesa alcuni testimoni avevano avvalorato la circostanza, in particolare la badante. Prima di procedere con la volontà della parrocchiana, che lui sapeva essere sola, il sacerdote doveva aver avuto qualche dubbio sulla possibilità del lascito. Aveva quindi chiesto il parere di uno psichiatra riminese di sua conoscenza, che svolge anche attività di medico legale. Lo specialista, dopo una visita sullo stato mentale dell’anziana, la giudicò nel possesso delle facoltà mentali, nonostante l’età avanzata e le varie patologie fisiche di cui soffriva. La documentazione in possesso dei familiari della signora deceduta, recuperata attraverso il medico di base e l’asl, avrebbe invece smentito quel giudizio. In particolare alla donna era stato riconosciuto anche l’assegno di accompagnamento proprio perché affetta, tra l’altro, da demenza senile. Sia un consulente medico della procura sia un consulente di parte, infine, sarebbero giunti alle stesse conclusioni, presentate ieri al giudice dell’udienza preliminare. Sarebbe cioè stata confermata l’incapacità di intendere e di volere dell’anziana. L’approfondimento dell’aula servirà a comprendere meglio i contorni della vicenda e a indirizzare la causa civile nella quale gli interessi della Diocesi sono curati dall’avvocato Silvana Rossi.

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