Lucrava sui connazionali, in carcere 43enne

Rimini

CERVIA. Secondo l’accusa sarebbe riuscito a lucrare tre volte sulla pelle dei suoi connazionali: ospitandoli nella sua abitazione in cambio di 130-150 euro mensili per un malsano quanto sovraffollato posto letto (somma che aumentava a migliaia di euro nel caso in cui servisse ai fini della residenza), costringendoli ad acquistare solo da lui i fiori da rivendere al dettaglio (a prezzo ovviamente maggiorato) e obbligandoli a versargli provvigioni sugli incassi.

In questo modo Abul Md Azad Kalam, cittadino del Bangladesh che proprio domani compirà 43 anni, avrebbe tenuto sotto scacco per anni decine di connazionali, intascando in nero centinaia di euro al giorno.

Forte della posizione di spicco che si era ritagliato all’interno della comunità asiatica, contro i più riottosi o con chi era in ritardo nei pagamenti avrebbe imposto le sue regole minacciando la vittima di turno: non solo con aggressioni e ritorsioni fisiche, ma anche paventando la possibilità di far espellere chi sgarrava dall’Italia o, millantando conoscenze tra le forze dell’ordine, di denunciarli per reati mai commessi, reati anche gravi, dal furto alla violenza sessuale della moglie. E, forse anche per il fatto che spesso l’uomo veniva visto recarsi dai carabinieri (dove però andava per chiedere semplici informazioni) o perché ritenuto più credibile essendo integrato (all’arrestato sono riconducibili tre negozi, due a Cervia e uno a Milano Marittima), molti gli credevano, finendo per sottostare alle sue imposizioni. Uno stato di sudditanza e timore che proseguiva anche quando alcuni di loro riuscivano a regolarizzare la loro posizione e ad affrancarsi.

Ma era stata proprio una falsa accusa mossa all’indirizzo di un connazionale a dare il via alle indagini, condotte dai carabinieri della Compagnia di Cervia-Milano Marittima. Nell’aprile del 2013, infatti, l’uomo chiese l’intervento dei militari sostenendo di essere stato vittima di un tentativo di rapina da parte di un conoscente che, con un coltello, aveva cercato di sottrargli i fiori. Una versione sconfessata in sede di convalida dal presunto aggressore che aveva descritto una realtà completamente diversa. Sarebbe stato lui, infatti, ad essere stato aggredito dopo averlo avvicinato solo per smentire le voci che circolavano sul suo conto, ovvero che avrebbe invitato altri ambulanti a rivolgersi all’ingrosso per acquistare i fiori da rivendere.

Da quell’episodio i militari dell’Arma - coordinati dal sostituto procuratore Angela Scorza - sono riusciti a ricostruire il meccanismo del racket delle rose a Milano Marittima e dintorni, ripercorrendo a ritroso una decina di anni e individuando nel commerciante bengalese il vertice. Una mole di riscontri all’origine dell’ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti dell’uomo dal gip Piervittorio Farinella. In carcere, con l’accusa di estorsione e calunnia in concorso è finito il 43enne; difeso dall’avvocato Luca Donelli, nel corso dell’interrogatorio di garanzia di ieri l’uomo è rimasto in silenzio. Indagati a piede libero invece la moglie e due parenti stretti.

Al momento della notifica del provvedimento, mercoledì mattina, nell’abitazione erano ospitati una decina di bengalesi. Ed erano appena state consegnate un migliaio di rose destinate ad essere vendute per strada e nei locali della zona.

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