Le parole d'addio lasciate sulle pareti di casa

Rimini

 

MASSA LOMBARDA. Le sue ultime disperate parole Gilca Iren le ha lasciate scritte sulle pareti di casa. Un messaggio straziante e in parte forse già delirante: parole scritte con un pennarello, in portoghese, su quelle mura che per lei - madre brasiliana alle prese con una forte depressione post parto - erano diventate sempre più opprimenti.

E’ in quelle parole sconnesse e ricche di riferimenti religiosi - fatte tradurre da un interprete nella tarda serata di sabato - che potrebbe esserci la spiegazione di una tragedia indicibile. Un gesto estremo culminato con l’omicidio del figlioletto Enrico (poco più grande di un anno) annegato nella vasca da bagno e con il suo successivo suicidio, avvenuto sempre in quella stessa acqua.

Una tragedia che lascia senza fiato e sulla quale i carabinieri di Lugo e del nucleo investigativo del reparto operativo di Ravenna stanno cercando in queste ore di far luce.

Il medico legale che ha eseguito la prima ispezione cadaverica ha confermato l’ipotesi dell’annegamento, evidenziando l’assenza di altri segni traumatici sui due corpi ritrovati - poco prima delle 13 di sabato - dal convivente di Gilca Iren e padre di Enrico: Thomas Gemelli. E’ stato lui, un imprenditore di 37 anni di origini bagnacavallesi, a scoprire quell’orrore e a rimanere così traumatizzato da ripetere per ore le stesse disperate parole nel giardino di casa. Una villetta elegante, tirata su a mezzo km da Borgo Serraglio, frazione isolata nelle campagne nebbiose che dividono Massa Lombarda a Conselice.

Il pm Lucrezia Ciriello per poter definitivamente archiviare il caso come “omicidio suicidio” dovrà però attendere l’esito della doppia autopsia che oggi sarà formalmente affidata al medico legale. Sarà lui a confermare o meno la presenza di acqua nei polmoni delle vittime e quindi l’annegamento. Per gli inquirenti sarà poi necessario anche capire in che condizioni mamma e figlio sono arrivati in quella vasca. Erano ancora entrambi coscienti? Avevano assunto farmaci? Quali? Su questo faranno luce le analisi tossicologiche.

Gilca Iren, brasiliana di 30 anni, era da tempo alle prese con una forte depressione post parto. Il giorno prima della tragedia era andata in ospedale a Lugo per un forte malessere, in serata aveva richiamato un’ambulanza a casa, vista anche dai vicini. Mentre sabato mattina ad andare all’Umberto I era stato il convivente, anche lui sempre più preoccupato dalle condizioni della madre di suo figlio Enrico. E proprio Thomas, in mattinata, aveva ricevuto sul suo cellulare una chiamata di Gilca. Un colloquio breve in cui lei gli avrebbe prospettato l’intenzione di farla finita. Il 37enne era tornato a casa il più presto possibile, ma una volta aperta la porta del bagno ha capito che c’era poco da fare. Ha chiamato il 118 e ha provato a rianimare il figlio e la madre 30enne. Nulla da fare. In serata la sua Jaguar è stata posta sotto sequestro. Un atto dovuto, ma solo perché la cronaca del passato (neanche troppo lontana) impone agli investigatori l’obbligo di non scartare mai nulla. Se l’autopsia dovesse dare subito le risposte attese quell’auto non verrebbe nemmeno aperta dalla Scientifica. In quel caso per dare una spiegazione a questa tragedia basterebbero davvero solo un interprete.

 

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