Ecco le foto choc dell'infermiera

Lugo

RAVENNA. Una risata, i pollici alzati: tutto ok. O la testa piegata, la bocca aperta in un’espressione che assomiglia a una smorfia e il dito puntato sulla guancia come a dire: guardate qua. A dieci centimetri il corpo di una anziana paziente che per gli inquirenti è ormai morta, con la faccia impietrita di chi è appena passato a miglior vita. Eccole le foto choc che sono costate il licenziamento all’infermiera 42enne Daniela Poggiali, in carcere ormai da più di mese con l’accusa di aver ucciso, praticando un’iniezione letale di potassio, una pensionata 78enne che era ricoverata all’Umberto I di Lugo. Scatti fuori dalla norma, quantomeno inopportuni, se si considera il contesto, quello di una stanza di ospedale, e il ruolo della persona protagonista che dovrebbe essere lì per prestare assistenza e che invece “gioca” a un palmo dalla sofferenza a favore di una fotocamera.

Le pubblichiamo ovviamente coprendo la parte dove è ritratta la degente. Immagini forti comunque. A prescindere dalla linea di difesa dell’infermiera tenuta nei giorni scorsi davanti al giudice del lavoro Roberto Riverso durante la causa tra l’Ausl e la 42enne che si è opposta al licenziamento. L’avvocato della Poggiali, Stefano Dalla Valle, ha contestato infatti il punto di partenza: la signora distesa sul letto non era deceduta. E ora toccherà sentire nuovi testi per ricostruire come andò quella mattina del gennaio scorso quando una collega dell’infermiera, nel frattempo anche lei licenziata dall’Ausl, le scattò quelle foto. A rendere ancora più angosciante il contesto c’è comunque quella frase scritta proprio dalla Poggiali a commento delle foto: «Brr, mmmh, la vita e la morte, mmmh». Un sms agghiacciante in risposta a quello della collega “fotografa” che le ha appena spedito le immagini con un saluto a corredo: “ciao sciupeda”.

Che la signora ritratta non fosse in realtà morta al momento della foto è appunto la linea della difesa dell’infermiera nella causa tra lei e l’azienda sanitaria. Per quanto riguarda invece l’inchiesta avviata dalla procura, gli inquirenti, coordinati dal pubblico ministero Angela Scorza, non sembrano avere dubbi: era morta. Di più: secondo chi indaga il nome della signora distesa sul letto farebbe parte proprio di quell’elenco di dieci pazienti i cui decessi risultano “molto sospetti”. Persone ricoverate che sono morte, quando Daniela Poggiali era in servizio, con malori improvvisi. Degenti, insomma, che non sembravano a rischio. A questi ne vanno aggiunti altri 28 dei quali in primavera, durante le prime battute dell’indagine, furono sequestrate dai carabinieri le cartelle cliniche. Si tratta di pazienti con patologie allo stato terminale, o in età avanzata (c’è anche una ultracentenaria).

Le foto di questa pagina, delle quali il Corriere è entrato in possesso, fanno parte quindi degli atti dell’inchiesta per omicidio volontario, oltre che di quelli relativi alla causa di licenziamento. Per quel presunto delitto la Poggiali è in carcere dal 10 ottobre. A firmare l’ordinanza che l’ha mandata in cella è stato il gip Rossella Materia. Sedici pagine dove la considerazione di fondo è una: il piacere nel mortificare il prossimo, pescando sui fondali della fragilità umana. «Trae piacere e soddisfazione dalla mortificazione del prossimo, giungendo fino all’atto estremo dell’uccisione: una personalità come quella tratteggiata - si legge nel documento - che è arrivata a uccidere un’anziana inerme e a lei del tutto estranea, peraltro ben sapendo di essere già oggetto di sospetto in ambito lavorativo, appare probabile che delinqua per autocompiacimento e sia pertanto a ciò incline ogni volta abbia l’occasione di attuare il proprio desiderio di prevaricazione». (c.d.)

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