Atteggiamenti da boss in erba e "sgherri" al suo servizio per intimidire chi lo accusava

Rimini

 

RAVENNA. Nell’ambito dello spaccio si era fatto un nome e una posizione, al punto da avere alcuni “sgherri” al suo servizio che a loro volta avevano intimidito il 16enne che aveva preso di mira ritenendolo il suo accusatore.

Tra gli adolescenti, in città un po’ tutti sapevano che spacciava (era anche stato allontanato dalla società sportiva che frequentava per questo) e che, di conseguenza, aveva disponibilità di denaro. Così a lui si rivolgevano non solo i ragazzi interessati all’acquisto della droga - da consumare e in parte rivendere -, ma anche chi aveva bisogno di prestiti. Come il giovane appassionato di giochi d’azzardo, ludopatico al punto da chiedergli a più riprese di finanziarlo per assecondare la sua dipendenza ritrovandosi però in un vortice senza fondo e a dovergli restituire dopo quattro o cinque giorni 140 euro a fronte di un prestito di 50.

Le contestazioni che hanno portato all’arresto del 17enne ravennate nell’ambito dell’indagine dei carabinieri di Marina di Ravenna coordinata sostituto procuratore Flavio Lazzarini, fanno emergere un profilo da “boss in erba” del ragazzo, attualmente detenuto nella struttura per minori del Pratello, a Bologna. Uno capace di reperire e smerciare ogni giorno hashish e marijuana, al punto che nel telefono nella sua disponibilità gli inquirenti hanno ritrovato foto di diverse varietà di quest’ultima sostanza. A rifornirlo, un maggiorenne. Un punto di riferimento da tenere buono, come lasciano supporre le richieste pressanti di pagamento che faceva talvolta ai suoi clienti facendo trasparire che lui stesso avesse pendenze da saldare.

Nonostante la giovane età, quella della spaccio (che avveniva all’esterno delle scuole e di alcuni dei bar più frequentati del centro) per il 17enne era diventata un’attività a tempo pieno. E quando l’indagine è deflagrata, ha rivolto il suo astio contro l’adolescente che lo accusava. In realtà erano diversi i giovani che avevano puntato l’indice contro di lui. Ma tra questi il ragazzo arrestato ne aveva preso di mira uno (a sua volta indagato) e la sua famiglia, a cui era arrivato a chiedere 1.500 euro a titolo di risarcimento per poter sostenere le spese legali che a suo avviso era stato costretto ad affrontare per via delle dichiarazioni del figlio.

Intimidazioni dirette tramite internet e per interposta persona. Sia, come già emerso, presentandosi con un cutter esibito davanti al volto dei suoi amici per fargli dire che lo stava cercando «per ammazzarlo di botte». E sia incaricando i suoi “scagnozzi”. Un giorno di metà settembre, infatti, il 16enne venne seguito e fermato in centro da tre giovani che gli intimarono di raggiungere via Salara (uno dei luoghi dello spaccio al pari di piazza San Francesco) dove il 17enne lo stava aspettando. Al suo rifiuto, i tre lo pedinarono. E quando entrò in un locale insieme a un’altra persona, iniziarono e entrare e uscire continuamente dal bar fino ad arrivare a minacciarlo che, se non fosse andato, sarebbero entrati loro. Avvertimento che non ebbe seguito solo perché venne richiesto l’intervento dei carabinieri; quando la pattuglia passò i tre se ne erano già andati.

Ma quell’episodio non fece terminare le pressioni sul ragazzo, proseguite per un altro mese. Uno stato di terrore per la famiglia che non se la sentì di indicare agli inquirenti i nomi di quanti avevano minacciato il ragazzo. Un incubo durato fino ai giorni scorsi, quando i carabinieri hanno notificato al 17enne il provvedimento restrittivo emesso a suo carico per detenzione ai fini di spaccio, minacce, estorsioni, atti persecutori e usura.

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