Troppo pericolosa secondo il Gip: poteva uccidere anche fuori servizio

Rimini

RAVENNA. Daniela avrebbe potuto rifarlo. E non solo al lavoro, ma anche nella normale vita di relazione. Magari pure in casa. La sua «pericolosità sociale», dice il gip, è tanto elevata da potersi manifestare anche in altri contesti della sua vita. Insomma, poteva uccidere di nuovo. Ecco perché il tribunale di Ravenna ne ha deciso la carcerazione: per il rischio di reiterazione del reato.

E’ il gip del tribunale di Ravenna Rossella Materia, nella sua ordinanza di custodia cautelare, quella valsa a mettere in carcere una settimana fa Daniela Poggiali, l’infermiera 42enne di Lugo finita dentro per l’omicidio della 78enne Rosa Calderoni, a tracciare il profilo criminale della donna, e a sottolineare la necessità della sua carcerazione a fronte di un così alto rischio di reiterazione.

«Pericolosa non solo al lavoro». A nulla sarebbe valso, di fronte a questo rischio, il suo licenziamento. Dopo l’avvio delle indagini, la scoperta dei furti e dei casi di peculato (a lei, tra ruberie varie, sono contestati una decina di episodi), ancora prima del caso limite della morte di Rosa Calderoni e i sospetti su altri 38 decessi, l’Azienda sanitaria ha infatti deciso di licenziarla (lei ha anche presentato ricorso). Ma il gip rileva: «L’intervenuta cessazione dal servizio non muta il quadro cautelare - scrive la Materia -. La gravità dei fatti e l’intensità del dolo palesa una pericolosità sociale della Poggiali a “tutto tondo”. In altri termini, la stessa pericolosità è di tale pregnanza da potersene in concreto temere l’estrinsecazione anche in diversi contesti occasionali della normale vita di relazione». Già, “occasionali”.

Il movente. Questo perché, secondo la Procura, Daniela “esplodeva” per un nonnulla. A lei piaceva «mortificare il prossimo, fino a giungere all’atto estremo dell’uccisione». E a farle scattare la voglia di vendetta e di «mortificazione», da come raccontano le colleghe interrogate, sono sempre “sciocchezze”: il paziente “difficile” da gestire, la collega antipatica contro cui meditare, perché no, un piccolo “scherzo”, anche sulla pelle dei pazienti.

Le purghe. Come il terribile sospetto che la Poggiali abbondasse di nascosto coi lassativi ad alcuni ricoverati solo per mettere in difficoltà altre colleghe che le succedevano nel turno. A dirlo sono le infermiere interrogate, le stesse che rivelano come l’infermiera di Giovecca non lesinasse nemmeno in sedativi coi suoi pazienti quando a dover fare il turno di notte era lei. (p.c.)

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