L'infermiera nega ogni accusa

Rimini

 

RAVENNA. Ha negato l’omicidio, ha negato di aver fatto quella flebo a Rosa Calderoni, ha negato anche il furto di potassio. In un’ora e mezza di interrogatorio Daniela Poggiali, l’infermiera 42 enne di Lugo, agli arresti per omicidio volontario pluriaggravato ha negato praticamente tutto. Tutto tranne quelle foto in posa sorridente davanti al cadavere di una donna appena morta all’Umberto I. Del resto, almeno quelle foto, non poteva certo dire che non esistessero, ma anche in quel caso l’infermiera ha voluto fornire al gip una versione difensiva che getta la responsabilità addosso alla collega che aveva in mano il cellulare.

Insomma Daniela Poggiali non solo non è restata in silenzio, non solo ha accettato di parlare e difendersi, ma è addirittura passata quasi al contrattacco. E lo ha fatto nel corso di un interrogatorio lungo e serrato in cui, con voce ferma e senza mai tradire emozioni, ha ripercorso l’intera vicenda soffermandosi sulle accuse più pesanti.

Una scelta difensiva che sicuramente spiazza i pronostici della vigilia, ma che alla fine non dispiace per nulla alla Procura, convinta che negli anfratti di quell’interrogatorio l’infermiera possa aver commesso addirittura qualche passo falso già messo a verbale. Carte in più per un processo sempre più vicino dove in gioco ci sarà l’ergastolo.

La Poggiali, ad esempio, ricostruendo le sue ultime ore di servizio all’Umberto I, ha implicitamente confermato che la mattina dell’8 aprile fu lei l’unica infermiera ad assistere la 78enne Rosa Calderoni. Un dato non da poco. Anche perché tutto il resto, almeno secondo l’accusa, l’hanno scoperto e ricostruito i carabinieri e l’equipe di ben quattro periti diretti dal procuratore capo Alessandro Mancini e dal suo sostituto Angela Scorza che ieri era presente all’interrogatorio.

La Poggiali ha invece negato - come detto - anche di aver preso l’iniziativa nella macabra storia delle foto che la ritraggono in compagnia di una donna appena morta all’Umberto I. Foto in cui appare prima imitando la contrazione del volto della povera anziana e poi mentre mostra le dita in segno di vittoria, sorridendo all’obiettivo dello smartphone della sua collega. A corredo di quegli scatti disgustosi una frase «Brr.... la vita e la morte mmmm». «Non sono stata io a voler scattare quelle foto» ha detto in sintesi la Poggiali. Una ricostruzione esattamente opposta rispetto a quella della collega (anche lei licenziata dall’Ausl). In mezzo a quelle due versioni contrastanti, però, resta sempre un dato oggettivo: quelle foto vennero subito inviate al suo cellulare tramite whatsapp. E fu lei a vederle e commentarle. Nel corso dell’interrogatorio la Poggiali ha inoltre negato anche di aver avuto un ruolo nella misteriosa scomparsa di due fiale di potassio avvenuta il primo aprile da un carrello che transitava nei corridoi del reparto. «Quello non era il mio carrello ha detto». Ma è anche vero che il suo carrello era nello stesso (stretto) corridoio, “parcheggiato” a poca distanza. Così come è vero che dalla scatola sparirono due fiale. E fu lei davanti ad alcune colleghe - parlando di una paziente “problematica” - a dire: «Con due fiale di potassio quel problema lo risolvo». Era solo una battuta, certo, ma caso strano era proprio due le fiale che servivano. E due furono le fiale mai più ritrovate.

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui