Santa Teresa dal notaio: comprato il capannone al centro dell'inchiesta

Rimini

 

RAVENNA. Santa Teresa tira dritto sull’operazione immobiliare a Fornace Zarattini, al centro dell’inchiesta per truffa: comprati i capannoni per il quale l’Opera aveva già “perso” mezzo milione di euro. “Perso” perché quella caparra, presa dal patrimonio di uno degli ospiti disabili della struttura con un’operazione ritenuta “sospetta” dalla Procura di Ravenna, ora dovrà essere restituita al suo legittimo proprietario e l’accordo per rifondere il debito già c’è. Riserbo su quanto, in definitiva, l’istituto religioso abbia dovuto pagare il complesso di capannoni (l’atto notarile è stato firmato venerdì scorso), ma secondo il patto iniziale gli immobili sarebbero dovuti costare un milione e mezzo di euro. Calcolato che mezzo milione è stato, di fatto, speso “due volte”, l’affare potrebbe essere stato piuttosto oneroso.

Una vicenda, quella dell’acquisto dei capannoni, che, nei mesi scorsi, valse l’iscrizione nel registro degli indagati degli ex dirigenti di Santa Teresa, l’ex coordinatore Lorenzo Selmi e l’ex direttore don Paolo Pasini poi dimessosi dall’incarico. Al suo posto, ora c’è don Alberto Camprini, ex parroco di Cannuzzo: lui (e il nuovo coordinatore Luciano Di Buò) si presenterà ufficialmente alla cittadinanza proprio sabato pomeriggio, al termine dei festeggiamenti per Santa Teresa. Sarà il vescovo monsignor Lorenzo Ghizzoni a introdurlo. Lui, il vescovo, su Santa Teresa si è già espresso molto chiaramente. Lo fece in occasione della messa di Sant’Apollinare, quando parlò di una rinnovata necessità di trasparenza, di rinnovamento. Ringraziò don Pasini per quanto fatto e annunciò il nuovo corso, all’insegna di un nuovo spirito di carità, sull’onda dell’insegnamento di don Angelo Lolli, fondatore dell’Opera. Ma dov’è ora don Pasini? “Scoppiata” l’inchiesta, si dimise e il vescovo gli consigliò un periodo di ritiro spirituale. Tra le nuove nomine del vescovo, ancora non compare. D’altronde, la presunta truffa sulla quale sta indagando la Procura ha gettato un’ombra ben lunga. A un milione e mezzo, il costo d’acquisto del capannone secondo i patti, ammontava il patrimonio in contanti di un 60enne - disabile dalla nascita - assistito dall’istituzione religiosa. Denaro che la madre dell’uomo, scomparsa due anni fa, aveva vincolato alla cura del figlio fin quando fosse rimasto in vita. Alla sua morte, soldi e beni sarebbero stati devoluti all’istituto. Eppure, i vertici di Santa Teresa decisero di non aspettare e con quei soldi optarono per l’investimento immobiliare nei capannoni che - secondo i piani - sarebbero poi stati affittati a enti vicini a Santa Teresa con canoni annui stimati tra i 75mila e i 100mila euro. Nell’ottobre scorso venne sottoscritto un preliminare di vendita col versamento della caparra pari a un terzo del valore complessivo dell’operazione.

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