Da 50 anni missioni in fondo al mare

Rimini

RAVENNA. Un anniversario speciale per la Rana Diving di Marina di Ravenna, i 50 anni di una tra le più importanti aziende nel campo dell’ingegneria subacquea e dell’offshore. Mezzo secolo di crescita costante, di piccole e grandi innovazioni, che hanno saputo trasformare un’avventura iniziata con una muta di neoprene ed un paio di bombole di ossigeno, in una flotta di navi tecnologiche, attrezzature all’avanguardia e uomini in grado di spingersi per giorni a centinaia di metri di profondità nel mare.

Alessandro Bosco, amministratore delegato della Rana Diving, ha voluto festeggiare questo importante traguardo con una grande festa che si terrà il prossimo 18 ottobre al Pala De André. «Questa festa - ci spiega - è per tutti gli uomini e le donne che ci hanno permesso di arrivare ai 50 anni con una organizzazione ed un know-how molto importanti. Sono uomini e donne che lavorano o hanno lavorato per l’azienda, con la consapevolezza di essere parte di un vero e proprio team». Un team che oggi conta circa 200 dipendenti, di cui il 70 per cento operatori tecnici subacquei, impegnati nei mari italiani ed esteri in operazioni altamente qualificate, dalla posa di linee subacquee al recupero di relitti e materiali, fino allo studio di fondali ed interventi di salvaguardia ambientale.

«La Rana è nata dall’idea di due ravennati doc, Faustolo Rambelli e Franco Nanni, che hanno deciso di trasformare la loro passione per l’immersione sportiva in un vero e proprio lavoro per l’Agip all’inizio degli anni ’60 - racconta Bosco, che a sua volta è entrato in azienda nel 1981 come sommozzatore -. All’inizio piccoli lavori per la rimozione di materiale bellico e relitti e poi gradualmente quello che era un lavoro prettamente civile si è trasformato in offshore».

Il nome dell’azienda deriva dall’unione delle prime due lettere dei loro due cognomi, che per un curioso caso del destino richiama proprio una creatura anfibia. «Rambelli e Nanni, con le capsule Delfino 1 e 2 sono stati i primi in Italia a sperimentare, alla fine degli anni ’60, al largo di Marina di Ravenna, le immersioni in saturazione iperbarica - prosegue Bosco -, stabilendo in questo modo che era possibile lavorare in un habitat marino per più giorni senza mai risalire in superficie».

Da allora, gli uomini della Rana Diving hanno totalizzato un milione di ore di immersione in saturazione. Già negli anni ’80 l’azienda ha iniziato a svolgere interventi in diverse parti del mondo, Tunisia, Libia, Egitto, fino al 1997, quando la proprietà è passata all’Acmar e successivamente all’ingegnere Enrico Buffa. «Oggi siamo i fornitori strategici di Eni - spiega Bosco - per lavori di emergenza su tubazioni in mare o per lavori di collegamento tra le piattaforme in mare ed i pozzi sommersi. Siamo specialisti nella manutenzione di piattaforme, nei controlli delle strutture offshore, e nei recuperi di navi affondate e di relitti. Ispezioni e riparazioni proseguono in tutto il mondo. Abbiamo una filiale a Tripoli (al momento decentrata a Malta a causa dei problemi politici nell’area) e a Pointe Noire in Congo, per operare nei paesi limitrofi. Oggi puntiamo a siglare una serie di accordi con aziende dei Paesi Arabi».

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