Addio passeggiate nella storia

Rimini

 

RAVENNA. Erba alta, rovi ovunque, lanterne fatiscenti, rotte, abbandonate all’incuria e alla ruggine. E cartelli ovunque: qui non si sale, «pericolo cadute». Eppure, da lì dove adesso il passaggio è proibito, fino appena a dieci anni fa, era concessa ai ravennati e ai turisti una visuale del tutto inedita della città, romantica ed eccezionale. Una passeggiata privilegiata a tre metri di altezza dalla strada e dal passaggio per così dire “normale”. Sono le mura antiche del centro che, per oltre un terzo della loro lunghezza, sarebbero ancora ad oggi percorribili. Un tratto, da via Cura a piazza Massimo D’Azeglio, è ancora pedonale, ma lì la passeggiata romantica lascia il passo a un mero passaggio di servizio, tra giardini pubblici chiusi e abbandonati e muri rifatti in cemento. «Basterebbero i 500mila euro che Eni finanzia per le passerelle rialzate alle dune di Punta Marina per costruire qualche staccionata in legno e ridonare così alla città il suo gioiello», propone Giorgio Benelli del gruppo Ravenna Viva. Eppure, all’epoca dei fasti delle mura cittadine, le staccionate non erano nemmeno usate: erano i rovi ben tenuti a mo’ di siepi a garantire la protezione dallo “strapiombo” delle antiche cinte.

Via Porta Gaza. Ora è solo parcheggio, via Porta Gaza. Chiusa da un lato e dall’altro, porta i segni della passata bellezza: un paio di ville stile liberty su un fianco, la porta Gaza sullo sfondo, e le mura sull’altro fianco. Ma erbacce e quel cartello di divieto rompe la poesia. Salire sull’accesso alla cinta, è possibile, ma subito la passeggiata è interdetta. Seguendo con il solo sguardo il vecchio camminamento, si scorge l’illuminazione abbandonata del sentiero: lampade rotte, pali divelti. Tutt’intorno, l’erba alta. In fondo, il Torrione dei preti. Sbirciarlo da fuori è possibile, ma accederci no. Austere inferriate lo proteggono dai visitatori, eppure è intatto: la volta intatta e le feritoie gli concedono una luce perfetta. Eppure, neppure qui si passa.

Il carcere. Proseguendo poi verso il carcere, il giardino tutt’intorno ben tenuto mette in luce i recenti lavori di restauro alla cinta muraria, ma anche qui, salire sul camminamento è impossibile. «Fu la giunta Mercatali a chiudere il passeggio sulle mura - ricorda Benelli mentre segue dalla strada e in bicicletta il vecchio camminamento -: il sindaco Matteucci promise poi che lo avrebbe riconsegnato alla città. Non credo si spenderebbe tanto. Alla fine, nessuno da queste mura, è mai caduto».

Il tratto aperto. E’ arrivando a via Cura che si scopre il mondo. Inerpicandosi sui gradini lasciati aperto al passaggio, si arriva alla sede della Papa Giovanni XXIII e da lì il camminamento è aperto, a pedoni e biciclette. Ma dopo il primo tratto, curato e “riservato” tra due colonne strette strette di siepi e rovi, lo sguardo si apre a un parcheggio e a un giardino mai inaugurato. Si è più o meno all’altezza del parcheggio su via Fiume abbandonato. Lì, al posto della vecchia Callegari, c’è un giardino: ha il suo sentiero in ghiaia, una fontanella nuova, l’illuminazione e le panchine tirate a lucido. Ma è chiuso. Le fascette arancioni dei cantieri edili ne impediscono l’accesso.

Porta nuova dei Veneziani. Poi, la magia finisce. Fino a Porta Adriana, delle antiche mura sono rimasti solo ruderi qua e là, mentre arrivando fino a Porta Serrata, la cinta esiste ma non è più pedonabile come nel primo tratto ed è ben tenuta solo dove i giardini privati ne han fatto un “arredo” verde del tutto speciale. Infine, la chicca. Proseguendo fino alla Rocca Brancaleone, l’antica cinta resiste ed è in un cortile privato che si allarga la vista su una bellezza quasi sconosciuta: si chiama Porta Nuova dei Veneziani, è piccola e bellissima, abbracciata da rose e piante aromatiche. Si trova su via Miniagio, una traversa chiusa di via Falier e, con dieci gradini, sbocca direttamente alla Rocca Brancaleone. «C’è un piccolo avviso della Soprintendenza - spiega Benelli -, ma per vedere la porta occorre sbirciare all’interno dell’area privata. Come può accadere che sia tenuta nascosta una rara bellezza del nostro patrimonio culturale?». E ancora. «Un percorso turistico sulle mura della città potrebbe piacere a tutti – lancia l’idea l’esponente di Ravenna Viva -: alle guide ravennati, agli studiosi, ai turisti, ai cittadini stessi».

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