L'infermiera indagata fa ricorso: vuole tornare in servizio

Rimini

 

RAVENNA. L’infermiera 42enne di Lugo indagata per omicidio volontario ha presentato ricorso contro il licenziamento per giusta causa disposto poco meno di due mesi fa dall’Ausl.

Un provvedimento che, nelle settimane scorse, stando a quanto appreso dal Corriere è stato disposto dall’azienda sanitaria anche nei confronti della collega che, con il suo cellulare, la fotografò in pose a dir poco irriguardose insieme a una donna deceduta da poco e in attesa di essere trasferita all’obitorio. Il ricorso della 42enne è stato depositato ieri nella cancelleria del giudice del Lavoro del tribunale di Ravenna che entro la fine di novembre convocherà la prima udienza per dirimere il caso.

Come noto la donna era stata indagata per omicidio volontario poco dopo il decesso di una 79enne di Russi, Rosa Calderoni. L’ipotesi della procura - l’inchiesta è diretta in prima persona dal procuratore capo Alessandro Mancini e dal suo sostituto Angela Scorza - è che la paziente potesse essere stata uccisa con un’iniezione di potassio. Anche per questo erano state acquisite le cartelle cliniche di altri 38 pazienti deceduti dall’inizio dell’anno, ovvero da quando nel reparto era stato notato un picco di morti in concomitanza con i turni dell’infermiera. La donna venne in seguito sottoposta alla misura dell’obbligo di firma anche per furto e peculato, quando l’inchiesta aveva fatto emergere ammanchi sospetti (soldi e medicine) ai danni sia di ricoverati che della stessa Ausl. Ma durante l’indagine - più di cento le persone interrogate dai carabinieri del Reparto Operativo - era emerso anche un altro episodio sconcertante. Una collega dell’infermiera aveva spontaneamente raccontato (prima all’Ausl e poi agli inquirenti) di aver fotografato l’infermiera con il proprio cellulare in due pose sconvenienti accanto a un cadavere. In una imitava il volto contratto della deceduta, nell’altra appariva sorridente, mentre con la mano faceva il segno “V” di vittoria. Foto già cancellate, ma che vennero poi recuperate dall’ingegnere informatico incaricato dagli inquirenti di analizzare il cellulare dell’infermiera.

In attesa dell’esito dell’indagine penale (che potrebbe essere stata compromessa dal ritardo con cui venne informata la procura) l’Ausl è comunque già intervenuta dal punto di vista disciplinare, prima sospendendo la donna e poi licenziandola per giusta causa. L’azienda sanitaria contesta alla donna sia l’episodio della foto che un furto di appena 10 euro avvenuto nel 2013. Un’accusa che l’infermiera ha sempre negato, sottolineando nel suo ricorso come in realtà non ci fosse stata nemmeno una querela da parte della presunta vittima, ma solo accuse di colleghi con i quali i rapporti erano tesi da tempo. Diversa la strategia sulle foto: in questo caso l’infermiera ricorda come non sia stata lei a fare quegli scatti. Versione che stride con quella della collega (alla fine licenziata anche lei) che ha invece detto di aver agito con leggerezza ma solo perché temeva una reazione della 42enne nota (a suo dire) nel reparto per il suo carattere forte, capace di sconfinare nella prevaricazione. Tra gli addebiti dell’Ausl anche il danno di immagine causato dall’eco mediatica della vicenda. Su questo l’infermiera ha ricordato come abbia sempre rifiutato di dare interviste o comunque di alimentare l’interesse dei giornali sulla vicenda.

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