Don Desio chiede di parlare al magistrato: racconto tutto, ma fatemi uscire di galera

Rimini

 

RAVENNA. Basta carcere, don Desio non ce la fa più e chiede di parlare col magistrato: «Niente reticenze, ora racconto tutto». Intanto, il Vaticano apre il processo canonico. L’ex parroco di Casal Borsetti è già stato sospeso “a divinis”: al momento, non può dir messa né confessare. Ma sarà la congregazione per la dottrina della fede, quella guidata fino al 2005 da Papa Ratzinger, a decidere che ne sarà del suo abito talare. Intanto la Procura continua a guardare nei pc del prete arrestato per sesso con minorenni.

Cinque mesi di carcere. Don Giovanni Desio, 52 anni, fino al 5 aprile scorso era parroco di Casal Borsetti. Foto ammiccanti e in “borghese” sulla sua pagina Facebook, sigaretta in bocca e versi audaci: un profilo “chiacchierato”, quello del parroco che sapeva poco di prete, e le cui sciagure iniziarono quando venne ripescato dal canale dove era finito, ubriaco, alla guida del suo Suv: proprio da quella vicenda partì l’indagine che pochi mesi dopo lo travolse in pieno. I poliziotti, ad aprile, lo arrestarono con accuse pesantissime: adescamento e atti sessuali con minorenni, e ad incastrarlo erano state le sue relazioni inopportune con alcuni ragazzini che frequentavano la canonica. Ma tutto iniziò proprio con quell’incidente nel porto canale. Per difendersi da chi lo accusava, don Desio si buttò a capofitto nei social network arrivando ad usare i profili Facebook di alcuni adolescenti a cui aveva chiesto le password. Furono proprio alcuni di quei post, notati da un genitore, a far partire le indagini e a far emergere relazioni che travalicavano i limiti dei rapporti tra i fedeli e il proprio confessore.

«Fatemi uscire». L’ex parroco, sospeso da subito dai ministeri divini, ha resistito un paio di mesi in carcere (in quello di Forlì dove venne trasferito per motivi di sicurezza) prima di mostrare i primi segni di cedimento. A giugno, attraverso il suo legale Battista Cavassi, uscì allo scoperto con una parziale assunzione di responsabilità: nella sua istanza al Tribunale del Riesame per chiedere la scarcerazione, ammise di aver tenuto una «condotta inappropriata». Nulla più. Ma non bastò questo per convincere il Riesame, e nemmeno il giudice per le indagini preliminari Rossella Materia che giudicò inadeguata la struttura indicata dalla difesa come dimora per gli eventuali arresti domiciliari. E così, ad oggi, pende un ricorso in Cassazione. L’avvocato Cavassi l’ha presentato ad agosto e la Corte Suprema ha, da quando giungono gli atti, 30 giorni per decidere sull’istanza. Intanto, l’inchiesta prosegue: la Procura ha nominato il perito per spulciare altri pc del don, alla ricerca delle sue relazioni.

Nuovo interrogatorio. Ma un altro mese, don Desio non sembra reggere. «Fisicamente sta bene, ma è molto prostrato - rende noto il suo legale -. Abbiamo appena inoltrato la richiesta al magistrato. Il mio cliente vuole essere ascoltato: le reticenze della prima ora, mantenute per garantire il riserbo su alcune sue relazioni, dovrebbero cadere. Insomma, i suoi peccati vuole raccontarli tutti».

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