Il padre: la disgrazia non sia vana

Rimini

RAVENNA. Dolore compito, lacrime arrestate, grande riservatezza. Gli unici a lasciarsi andare all’emozione sono i ragazzini, alcuni tra i compagni di giochi e di classe di Ale e Ico. E un messaggio di speranza a rincuorare - se possibile - dalla tragedia: «Non voglio che questo dolore, che la loro morte sia vana. Ora, una Fondazione a nome di Claudia e i miei figli aiuterà chi ha bisogno. E forse un giorno i miei bambini mi aiuteranno da lassù a farmi tornare il sorriso. Non ho perso fede e speranza».

E’ il papà rimasto solo, Alfredo Baioni, con la voce appena accennata, a trovare il coraggio di parlare di futuro, nel giorno dei funerali della sua ex moglie, Claudia Torsani, 45 anni, e dei suoi figli Alessandro e Federico, 12 e 8 anni appena, morti tutti e tre la notte di Ferragosto, asfissiati nella loro casa al mare, a Marina Romea, dal fumo dell’incendio del divanetto provocato forse da un caricabatterie surriscaldatosi. Prende la parola dal pulpito, al termine della funzione e, di fronte alla folla che ha riempito la chiesa accaldata di San Giovanni Evangelista, sospira suoni a fatica. «Dio ha deciso di richiamare a sé i miei angeli - ha detto, con occhi cerchiati e spalle ricurve -, ma saranno sempre con me, vicino a me. Chi li conosceva sa quanto fossero buoni e innocenti...». Una fine, dice il padre, «tragica, prematura», ma alla quale serve dare un senso. «Perché la tragedia non sia vana - ha sussurrato dal microfono -, voglio che i loro nomi rimangano per sempre nei nostri cuori. Ale e Ico - così in famiglia chiamavano Federico, il figlio piccolo - continueranno dal paradiso a portare conforto anche a chi non li conosceva. Per questo, vorrei che le offerte del funerale vadano a confluire in una Fondazione che presto costituirò e che avrà il loro sorriso come simbolo e Claudia, Ale e Ico come nome. Andrà ad aiutare chi ha bisogno». Una volontà particolare, maturata a pochi giorni dalla disgrazia, che non stona con l’immagine che, di Claudia, hanno offerto ancora ieri i parenti, gli amici, e lo stesso don Ugo Salvatori che, nella sua omelia, la eleva a Madonna, sacrificata per i figli e assunta in cielo la mattina di Ferragosto come la Vergine. «Claudia ha vissuto la sua vita come dono, come un mandato ricevuto da Dio - ha ricordato don Ugo -. Ha rifiutato di vivere per se stessa, ma col sorriso ha donato tutta se stessa ai figli, profondamente generosa e proiettata nel loro futuro. Claudia, Alessandro e Federico non hanno avuto il tempo di accorgersi - parla della disgrazia, di fronte alle due bare bianche che, sovrastate da rose gialle e bianche, stringono in mezzo quella più scura di rose rosse di mamma Claudia -: sono passati dal sonno alla morte, alla vita eterna. All’aurora del 15 agosto, quando si celebra l’assunzione di Maria in cielo, in quella stessa ora mamma e figli salivano nello stesso cielo». Più “terreno” ma altrettanto emozionante il ricordo della cognata Silvia che solo per un attimo si allontana dai genitori e dal fratello di Claudia, uniti in un dolore riservatissimo. «Alessandro e Federico erano brillanti e intelligenti. Claudia era una mamma meravigliosa, dedita: mai figli erano stati più desiderati. Era dolce, riservata, attenta e piena di grazia ma anche dotata di una forte tenacia - si è commossa -. Prima di conoscerla ero figlia unica, e ora sono di nuovo sola. Ma senza di loro, lo saranno in tanti».

 

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