Selfie e tintarella in bikini al cimitero

Rimini

FAENZA. Non avrebbero ricevuto tanta considerazione se le foto le avessero scattate in piscina o al mare, luoghi dove nessuno avrebbe urlato allo scandalo e al sacrilegio. Invece un gruppo di giovani faentine ha scelto, per comporre un book fotografico in pose discinte o perlomeno da spiaggia (che non pubblichiamo per motivi di privacy), nientemeno che un cimitero. Per l’esattezza il cimitero dei caduti in via Santa Lucia. Non è dato sapere a quanto tempo fa risalgono, ma il caso è esploso ieri con commenti e discussioni a non finire, stigmatizzazioni per il mancato rispetto dei morti, ma anche sarcastici compiacimenti e macabra ironia. Il set a prima vista potrebbe sembrare quello di una piscina, con tanto di prato verdissimo in una giornata di sole, ma è evidente che si tratta del citato cimitero, luogo deputato alla memoria, al silenzio e al rispetto, non certo consono a sdraiarsi e abbronzarsi in bikini, oppure a mettersi in pose da modelle vicino alle lapidi. Il fenomeno fa riflettere e chiama in causa valori, etica ed educazione dei nostri giovani. Vengono tirati in ballo genitori ed educatori. Si parla di «generazione allo sbando, senza ritegno e senza alcuna forma di rispetto». Ma altri minimizzano: «Sono semplici ragazzate sempre meno deprecabili di ciò che magari combinavano i giovani delle precedenti generazioni». Il Comune si dissocia, ma fa sapere che «il cimitero è un luogo di venerazione e memoria dove anche di recente si sono recati a pregare i parenti delle vittime, arrivati da lontano». Se durante la visita avessero trovato allestito il set da piscina, probabilmente avrebbero avuto qualcosa da ridire. In quel campo vi sono sepolti 1.152 caduti, di cui 13 ignoti, di nazionalità inglese, canadese, australiana, neozelandese, sudafricana e indiana. La gestione è a cura di un’associazione del Commonwealth per le onoranze ai caduti di guerra.

Sull’argomento interviene il sociologo faentino Everardo Minardi: «Essendo probabilmente minorenni, gli unici responsabili sopra il profilo morale sono i genitori. E su questi, sulla loro deficitaria funzione educativa bisognerebbe parlare molto. Quanto successo sta ulteriormente a dimostrare che la nostra è una società dove il criterio di successo è diventato la visibilità, dove l’anonimato e il silenzio sono il terreno della sconfitta. Per essere visibili bisogna far parlare di sè attraverso gesti, parole, immagini che rompano la norma, il modello dominante, la virtù etica su cui si regge il minimo della vita civile, ma così si va verso la liquefazione della società».

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