E' in malattia ma va in giro: scoperta da uno 007

Rimini

RAVENNA. Era stata licenziata per “assenza ingiustificata” dalla sua azienda, che aveva contrattato persino un investigatore privato per seguirne i movimenti dopo che era entrata in malattia. Lo “007” l’aveva seguita da Ravenna fino in Puglia, a 800 km di distanza, piazzandosi sotto casa anche alle 5 del mattino per coglierla in fallo.

Pensava di esserci riuscito, ma dieci mesi dopo il giudice del lavoro di Ravenna Roberto Riverso ha reintegrato la donna condannando l’azienda - una nota multinazionale tedesca che ha un centro vendita anche a Ravenna - a pagare le spese processuali e anche gli stipendi e i contributi non percepiti dalla dipendente dal 15 ottobre del 2013, giorno in cui aveva ricevuto la lettera di licenziamento per “giusta causa”.

L’intera vicenda ha inizio nei primi mesi del 2013 quando la donna (sposata e con figli) entra in collisione con l’azienda, il clima lavorativo degenera e la dipendente comincia ad avere problemi di natura psicologica. Un medico le diagnostica uno stato di stress tale da richiedere un periodo di riposo. L’azienda teme che si tratti solo di una messinscena e si affida a un’agenzia investigativa per controllarla.

Una scelta che ultimamente pare essere diventata persino una consuetudine. L’anno scorso, nella sola provincia di Ravenna, si stimava un aumento del 15 % di contratti per le agenzie investigative.

Il detective in questione non esita a seguire la donna fino in Puglia dove si trova con la sua famiglia per accudire la madre che, proprio in quei giorni, era stata ricoverata. La mattina del 5 settembre la donna esce di casa e si reca nell’ospedale di un’altra cittadina poco distante. In tutto lo spostamento dura circa mezzora e per il detective la donna non aveva eseguito soste durante il viaggio. Ma proprio in quei minuti il suo medico di base firma un certificato che prolunga la sua assenza di altri 11 giorni. Ma come ha fatto quel medico a visitarla, se la donna era in auto?

E, inoltre, se la dipendente non è in grado di lavorare come fa a spostarsi da casa?

Secondo l’azienda la risposta sta nel fatto che la donna mente, allungando in questo modo la sua assenza grazie a un medico compiacente. E così scatta il licenziamento che sembra inevitabile. Ma durante le udienze di fronte al giudice del lavoro emerge una verità completamente diversa. Il detective, infatti, ammette di aver “perso” nel traffico per circa 20 minuti il suo “obiettivo” mentre era al volante della sua utilitaria. E la donna spiega che, proprio in quei minuti si era recata nell’ambulatorio del suo medico, per una visita. Medico che - citato in udienza - conferma la circostanza e ricorda come anche lui stesso sia poi andato in ospedale per visitare la madre della donna che è una sua paziente.

Per il giudice inoltre il fatto che la dipendente fosse in grado di spostarsi non sarebbe rilevante. «La ricorrente - scrive il magistrato nella sentenza - non aveva mai affermato di essere fisicamente impedita al lavoro, ma solo di aver bisogno di riposo per motivi psicologici».

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