Sgozzò il convivente, condannata a 21 anni

Rimini

RAVENNA. Chiude gli occhi per un istante e poi resta in silenzio, come impietrita, mentre il giudice Milena Zavatti legge il dispositivo che la condanna a 21 anni. Tre in più rispetto a quanto chiesto dal pubblico ministero Daniele Barberini. Questa la pena inflitta in primo grado alle 15.50 di ieri dalla Corte d’assise di Ravenna per Patrizia Pisella, la 43enne imputata per l’omicidio di Paolo Nerini, il 51enne sgozzato con un pezzo di vetro acuminato dopo una violenta lite avvenuta il 25 marzo 2012 nella casa di via Farini 38 a Bagnacavallo.

La vittima e l’imputata (esperta di arti marziali con una vita difficile alle spalle) senza essere uniti da nessun legame affettivo abitavano nella casa di famiglia di Nerini, “uniti” solo dall’esigenza di condividere le spese.

Fu una lite scoppiata per banali motivi di convivenza a scatenare l’aggressione culminata poi con la morte per dissanguamento di Nerini, ragioniere single senza precedenti penali.

Così come richiesto dal pm al termine della sua requisitoria, la Corte d’assise ha concesso alla Pisella tutte le attenuanti generiche ed escluso l’aggravante dei futili motivi alla luce di quanto emerso nel corso del processo cominciato il 10 luglio dello scorso anno.

Le motivazioni della sentenza saranno depositate tra 90 giorni e solo allora sarà possibile conoscere il percorso logico e giuridico che ha portato a una condanna che - codice alla mano - è il minimo di quanto previsto per l’omicidio volontario (nel caso in cui si proceda con un rito ordinario).

L’avvocato Paola Vecchi, legale di Patrizia Pisella, nel corso dell’ultima udienza aveva chiesto il riconoscimento della seminfermità mentale (nonostante il parere negativo del perito) e almeno la cosiddetta “legittima difesa putativa” con la valutazione dell’attenuante della provocazione.

Secondo l’avvocato - che ieri ha preannunciato ricorso in appello (vedi box a fianco) il comportamento autolesionista della Pisella nei minuti immediatamente successivi all’omicidio proverebbe il suo stato di seminfermità mentale.

Richieste però non accolte dai giudici che hanno condannato l’imputata anche al pagamento di 250mila euro come risarcimento alla sorella della vittima che si è costituita parte civile tutelata dall’avvocato Carlo Alberto Baruzzi. (c.d.)

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui